Un mattina come tante altre, Obongo
ed Obonga si trovano in cucina.
All’improvviso, dalla finestra
aperta entra una vespa.
Obongo fa un cenno alla moglie e dà
istruzioni per evitare che l’insetto voli in giro per la casa: “Esci e chiudi
la porta, a questa ci penso io”.
Obonga esce tirandosi dietro la
porta.
Senza troppe difficolta, prima che
Obongo possa iniziare qualsiasi operazione, la vespa esce da dove era entrata,
semplificando le cose.
Obongo richiama Obonga, che torna
in cucina.
Al suo rientro però, Obonga compie
una singolare manovra che lascia Obongo un po’ basito.
Si dirige verso la finestra con la
mano aperta davanti al corpo, sventolandola come per scacciare l’insetto.
Scaccia e cammina rapidamente, fino
a raggiungere la finestra per poi chiuderla.
“Ecco, così non torna”.
Per i più curiosi, Obonga si era
svegliata da poco ed il gesto è stato partorito in quella delicata fase del
risveglio fra l’alzarsi dal letto e il primo caffè della giornata, in cui le
funzioni cerebrali della moglie-zombie non sono ancora state ripristinate.
Obongo da bravo marito ha pensato
di ricamarci su una storiella.
La domanda è dunque la seguente:
cosa ha detto Obonga alla vespa sventagliando il palmo della mano, per farla
allontanare dopo che si era già allontanata?
Anzitutto è apprezzabile lo sforzo
di non avere parlato alla vespa; è ragionevole pensare che, sì, la vespa sia
nata e cresciuta in Italia, ma che difficilmente parli l’Italiano. Il
linguaggio dei gesti, invece, è universale.
Anche l’avere usato un gesto non
scurrile, benché molto diretto come “sciò, sciò, pussa via” è una buona scelta:
qualcosa di più volgare tipo il dito medio sarebbe stato politicamente
scorretto e avrebbe suscitato un vespaio di polemiche nelle già complesse
relazioni fra uomini e insetti.
Ma da dove Obonga ha tratto la
sicurezza che l’animaletto non sarebbe più tornato?
Quale orribile messaggio
post-datato era contenuto nel palmo della sua mano basculante?
Forse la ratio dello sventolamento
rispetto alla velocità di avanzamento ha prodotto delle onde di frequenza
opportuna, che quando captate dalle antenne della vespa le hanno presentato una
minaccia convincente?
Tesi, questa della
telecomunicazione, che è peraltro l’unica sostenibile: la vespa infatti si era
allontanata già da un bel po’ dalla cucina e svolazzava beata per i cavoli suoi
da qualche altra parte all’aperto, proprio mentre Obonga si produceva nel suo
sforzo comunicativo trans-specie.
Forse le due si erano già incontrate?
La vespa ha riconosciuto la cucina che le ha riportato alla memoria il trauma del
precedente faccia a faccia con la sopravanzante Obonga e perciò è fuggita ad ali
levate.
Obonga anche lei giunta in cucina e
notato che la minaccia della vespa non era più tale, ha mostrato il “gesto che
tutto può” ad uso e consumo di Obongo, perché anche lui sia in grado di scacciare
un insetto qualora questo sia già volato via per i fatti suoi.
Qualsiasi sia la spiegazione, pochi
minuti dopo, un’altra vespa si palesa indesiderata in camera da letto.
Probabilmente non quella di prima o
neanche una parente o un’amica: è ragionevole pensare che la notizia dei
pericoli nascosti in quella casa sia ormai di dominio pubblico tra gli
imenotteri.
O forse è proprio la vespa di prima
che ne ha fatto una questione di pungiglio?
Obongo non perde occasione e
utilizza subito quanto imparato, dirigendo però lo sventagliamento della mano
in direzione della moglie, mentre dà istruzioni: “Esci e chiudi la porta; con
questa ci parlo io”.
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