martedì 30 gennaio 2007

Squiccity - Squiccity - Click!

Il cinema e' finzione, siamo tutti d'accordo.
Pero' il confine tra finzione e minchiata nel cinema americano va assottigliandosi sempre piu' e noi spettatori finiamo con l'essere talvolta anestetizzati di fronte agli stereotipi piu' ricorrenti di tali pellicole.
Motore... Azione!

L'Eroe ed il Cattivo

Dai tempi di cowboy e indiani fino ai giorni nostri le cose non sono cambiate molto. Possibile che il tema ricorrente sia sempre lo scontro tra buoni e cattivi?
Un Eroe che vuole salvare il mondo da un Cattivo che vuole distruggerlo?
Il cavaliere impavido, senza macchia e senza paura, dagli ideali immacolati contro l'infamone bastardo che uccide anche il fattorino perche' si e' dimenticato di dirgli buongiorno?
E passi l'uno contro uno: ma come si fa ogni volta ad assistere impassibili alle azioni militari dell'Eroe di turno che armato di mazzafionda sconfigge eserciti di malfattori, schivando le pallottole e le bombe con i colpi di ju-jitsu?
Possibile che non ci sia mai uno, dico uno, di questi stolti criminali abbastanza furbo da nascondersi dietro una porta e sparargli alla schiena?
E perche' l'Eroe e' sempre americano?
Voglio un Eroe musulmano!
Dai, facciamo qualcosa di diverso!
Proviamo a vincere l'Oscar per il film d'azione piu' innovativo.
Ecco la sceneggiatura: Chuck Norris armato di bazooka viene preso a calci nel culo da un talebano zoppo con evidenti problemi di incontinenza.
Il talebano salva il mondo da Chuck Norris, che muore di emorrodi, tra inenarrabili sofferenze.
Vi prego, fatemelo vedere.

Carne Morta

Avete mai visto il film "Hot Shots"?
Una parodia degli action movie americani (in particolare di "Top Gun").
Carne Morta e' il personaggio che incarna lo stereotipo dell'amico buono dell'Eroe.
Quello che per definizione muore a meta' film e che proprio piu' di tutti non se lo meritava, ammesso e non concesso che possa esistere una tale classifica di merito.
Se in un film c'e' un Eroe, c'e' anche Carne Morta.
I due sono amici da almeno 10 anni.
Carne Morta ha salvato la vita all'Eroe o lo ha redento dall'alcolismo tempo addietro.
Carne Morta ha una famiglia perfetta, con una moglie innamoratissima, almeno due bambini e un cane.
Carne Morta apostrofa sempre l'Eroe con frasi del tipo: "Vecchio mio".
Carne Morta e' una persona cauta, riflessiva e sa perdonare al contrario dell'Eroe che ragiona sempre con la colt ed e' aggressivo, spericolato e vendicativo.
Carne Morta vuole evitare pericoli inutili, ma per fraterna amicizia segue l'Eroe in ogni sua folle iniziativa.
Carne Morta muore sempre per colpa di qualche folle iniziativa intrapresa dall'Eroe, che poi liquida i sensi di colpa con una rapida sbronza il giorno successivo.
Carne Morta sara' la principale ragione di vendetta dell'Eroe.
Carne Morta e' negro.
Ahem.
Carne Morta ERA negro.

Miss Strafiken

Sempre nel settore action movie troviamo poi la figona di turno pronta a concedere le sue grazie al solito Eroe dieci secondi dopo essere entrata nel campo visivo della macchina da presa.
Nei copioni degli sceneggiatori piu' intraprendenti, la pupa e' una "riottosa puledra" al quale l'Eroe salva la pelle, magari ammazzandole il fidanzato... ma tranquilli: si trattava di uno dei cattivi che la aveva perfidamente circuita.
Lei per trenta minuti ostenta un forte astio per poi infine cedere, sorpresa sorpresa, all'irresistibile fascino di lui, fresco reduce da una battaglia di sei giorni in una palude cinese piena di sanguisughe.
La commedia romantica, per molti versi, non fa eccezione.
Il nostro protagonista e' un bravo ragazzo, quasi un tontolone e un po' sfigatello, un buonaccione sognatore dagli occhiali rassicuranti con un ottimo posto in banca.
Arriva la cliente delle quale e' segretamente innamorato da anni: miss Strafiken.
L'equivalente di miss Strafiken nella vita reale si sarebbe fatta pagare cene e parrucchiere per un millennio senza mai sganciarla, sfruttando in tutto e per tutto il povero innamorato.
Ma non nel film.
Colta da una sorta di visione introspettiva e certamente disgustata da tutti gli uomini che in passato la hanno voluta solo per il suo corpo, percepira' la di lui bonta', onesta' e totale integrita' morale e si mettera' a flirtare, lei per prima, con il buonaccione mentre gli chiede l'estratto conto.
Non fa una grinza, eh?
Fatemi andare a comprare subito un paio di occhiali; come ho fatto a non pensarci prima!

Ancora tu

Commedia romantica dunque? E commedia romantica sia.
Jack e Liz si sono lasciati.
Ovviamente si amano moltissimo, ma il trucco orchestrato dalla di lui ex-moglie, gelosa della sua ritrovata felicita' sentimentale, ha fatto in modo che i due si separassero.
Ora vivono in citta' diverse e si sono completamente persi di vista da anni.
Dalla loro parte, pero', gioca il fatto che manchino solo 3 minuti alla fine del film. E allora ta-dah! Ecco che li ritroviamo insieme, casualmente sullo stesso volo! Oppure seduti vicini alla partita di pallacanestro!
Non oserete crederci! I due sono ancora single. Che culo.
E vissero felici e contenti.
Ma quante possibilita' ci sono che due americani si incontrino casualmente in un posto qualsiasi dopo essersi persi di vista per anni?
Quella scienza chiamata statistica ci garantisce che sono comunque di piu' di quelle che ad Hollywood lavori uno sceneggiatore con delle idee originali.

Il maghetto del computer

Nella mia personale classifica di cose insopportabili che si possono trovare nei film americani al primo posto c'e' il maghetto del computer.
Capace di elaborazioni di una difficolta' monumentale sempre digitate ad una velocita' prossima a quella a cui la tastiera fonde.
Ora tutti abbiamo visto almeno una volta in un film il nostro maghetto (comunemente un nerd occhialuto, talvolta anche un'improbabile gnocca) seduto di fronte al suo pc.
Arriva il capo del dipartimento segreto di turno, gli porge un sassolino ed ordina: "Voglio un analisi incrociata di tutti i posti sulla terra dove si puo' trovare questo materiale. Ci sono anche delle impronte e una goccia di saliva: fai il test del DNA. Il sospetto e' stato visto da un testimone: fammi una lista di tutti i maschi neri di New York di eta' compresa tra i 18 e i 34 anni che abbiano almeno un 3 nella targa ed uno strappo nei jeans."
Il maghetto non dice una parola.
Mentre il capo pronuncia "jeans" ha gia' iniziato a percuotere la sua tastiera come un invasato.
Squiccity - Squiccity - Click!
Fatto!

venerdì 26 gennaio 2007

I Caritatevoli Apostoli del Pentimento

Carissimo fratello, con questo volantino vogliamo portarti a conoscenza del fatto che oggi non sei più solo. Se nella tua vita avevi perso la strada della fede, eri smarrito nelle tenebre del peccato e la sfiducia e l’accidia erano le tue abituali compagne, ora puoi finalmente dire basta a tutto questo e guardare al domani con rinnovata fiducia.
La nostra congrega fu fondata da Don Perignon, un frizzante uomo di fede valdostano che un giorno nella sua diocesi di Roccafogna ebbe una rivelazione: la vera strada non era quella indicata dal cattolicesimo cristiano. Fu il Signore Nostro in persona sotto forma di visione mentre seminava i lupini nei campi a indicargli la via.
“Don Perignon, i miei insegnamenti sono stati travisati!” lo ammonì il Nostro “Va! E riporta all’antico splendore la nostra religione! Vendica con i sacri insegnamenti le falsità che i secoli hanno rovesciato addosso al cristianesimo, mostra la strada per la salvezza delle anime alle povere pecorelle che si sono smarrite nel peccato, diffondi il verbo originale!”
Perignon scrisse sotto dettatura tutte le nuove sacre direttive e le raccolse nel testo “La Bibbia 2 – Nuovissimo Testamento”, opera in 20 volumi rilegati assolutamente indispensabile per il buon cristiano che ha deciso di ritrovare la retta via e che potrete trovare nei nostri punti vendita a soli 2.350 euro dilazionabili in comode rate con il solo 15% di interesse mensile.
Il moderno Cristiano non ha più gli stressanti e obsoleti obblighi imposti dalle vecchie scritture.
Il buon Dio ha riformulato i vecchi dogmi in chiave moderna e noi da buoni apostoli li diffonderemo in tutti gli angoli della terra.
Non più divieti: “non fare questo, non accoppiarti prima del matrimonio, non desiderare la donna d’altri, non rubare… etc.. etc”
Il vecchio Cristiano si sentiva troppo costretto da mille e più contraddittori comandamenti e suggerimenti di Bibbia e Vangelo a una condotta di vita troppo rigida e impersonale.
Un solo comandamento ora: “fai quello che ti pare, ma poi pentiti”.
Tanto si sa. L’uomo pecca comunque. E allora tanto vale eliminare la maggior parte dei peccati eliminando i comandamenti ai quali egli contravveniva. Niente comandamenti, niente peccati. Ma tanto pentimento! Facile ed efficiente come il mondo in cui viviamo.
“Solo, per essere certi di guadagnarsi il Paradiso… come fare?” ti chiederai caro fratello.
Basta un semplice conguaglio monetario da rendere al buon Dio come segnale di pentimento.
Noi Caritatevoli Apostoli del Pentimento ci poniamo nella scomoda ma necessaria veste di intermediari terreni fra il peccatore e il Supremo.
Versa a noi la tua quota di pentimento e il tuo posto in paradiso sarà garantito.
“Pecca pure quanto vuoi ma salda tutto a noi!” questo è il nostro motto.
Fallo diventare anche il tuo.
Puoi scegliere di peccare un tanto al mese o di peccare un tanto all’anno.
Ricordati per ogni giorno di ritardo sul pentimento saremo costretti ad applicare una percentuale di pentimento aggiuntivo che potrai comodamente espiare il mese successivo.
Puoi pentirti con assegni, carte di credito, vaglia postali o donazioni (da commisurarsi comunque ai peccati effettuati) e da oggi anche mediante il nostro sito internet www.peccamasalda.com.
Da quest’anno abbiamo poi istituito un premio speciale: “Il peccatore dell’anno”. Grazie a una speciale classifica a punti stilata tenendo conto degli insegnamenti della Bibbia 2, ogni peccatore totalizzerà un punteggio per ogni peccato commesso, e alla fine dell’anno eccelsiastico al fortunato che avrà totalizzato più punti verrà offerta la possibiltà di un super pentimento da versarsi alla nostra sede centrale in gettoni d’oro.
Per cui se c’è qualche grossa malefatta alla quale proprio non vi sentite di rinunciare, approfittatene subito; potreste essere voi i fortunati vincitori del premio e in tal caso aggiudicarvi come ricordo una foto autografata di Don Perignon che riscuote nelle classi delle scuole elementari i piccoli pentimenti degli alunni devoti.
Augurandoci di averti fatto conoscere la profonda verità dell’essere cristiani ti aspettiamo in una delle nostre sedi, ricordandoti che per i primi cento peccatori del mese c’è l’offerta: espiane 2 commettine 3!
A presto caro fratello e che la pace sia con te.

lunedì 22 gennaio 2007

The Bag, quest sconosciut!

Un mistero grandissimo per il genere maschile è il fatto che noi donne andiamo in giro attrezzate con sacchette in cui generalmente ci portiamo dietro di tutto.
La borsetta, questa sconosciuta.
Ebbene oggi svelerò qualche segreto e mi perdoni il genere femminile per questa mia diserzione; infatti c'e' una cosa che voi uomini non sapete. Quando noi donne siamo in grado di proferire la prima parola, che in genere è "shopping", ci viene imposto un giuramento: non dobbiamo mai rivelare cosa contiene la nostra borsa e soprattutto come facciamo a farci stare quello che ci mettiamo.
Ora io ho fatto giuramento come tutte, ma per voi farò uno strappo alla regola e vi rivelerò i segreti più reconditi di un animo femminile. Il segreto innanzitutto è avere una borsa glamour. C'è chi preferisce pagarla un bilione di euri e chi invece si accontenta di avere una borsa made in China, l'importante è che sia figa e che non ce l'abbia uguale nessuna donna nel raggio di ottocento kilometri! Capite ora la difficoltà quando ne dobbiamo scegliere una!
Pertanto non regalateci mai una borsetta, non azzecchereste mai il modello, il colore o la forma che ci si addice!
Detto questo passiamo ai dettagli. La borsa deve essere ovviamente più piccola possibile, in genere, in proporzione, deve essere grande un terzo rispetto a quello che ci dobbiamo mettere dentro.
Una volta stabilite le dimensioni, si passa al colore e al forma che vengono scelte assolutamente in modo istintivo in base alla sensazione provocata dalla vista della borsa nella sua interezza e conseguentemente si stabilisce anche quello che ci si deve mettere dentro.
Ricordate Mary Poppins?
Non era una maga, era solo una professionista del tetris da borsetta! Infatti il segreto stà proprio nel fatto di riuscire ad incastrare il telefono coi fazzolettini per poi sistemare perpendicolarmente le chiavi, l'agenda e in senso diamentralmente opposto anche l'altro cellulare, le salviette, il kit di pronto soccorso, il virbatore e il telecomando della tv (non si sa mai!).
Prima di tutto si controllano le forme, per noi donne in grado di usare entrambi gli emisferi contemporaneamente è facile prevedere la sistemazione, si parte dagli oggetti più grandi incastrando pian piano quelli sempre più piccoli fino a riempire tutte le intercapedini con quelli minuscoli tipo monetine, rossetti, caramelle, profilattici, mentine squagliate (non si butta mai via nulla!) scontrini del 1974 e varie ed eventuali. Una volta composta la borsa, che peserà tra i 15 e i 28 kg al massimo, non sognatevi di prendere qualcosa senza dover spostare qualcos'altro, quindi è buona regola evitate di far prendere freddo al proprio uomo onde evitare che ci chieda i fazzolettini (che puntualmente mettiamo in fondo, o addirittura sotto il fondo della borsa)!
Per non parlare poi di chi telefona quando il cellulare l'avete sistemato dietro il kit di pronto soccorso... non è carino tirare fuori un vibratore in un locale sovraffollato mettendovelo trafelate nell'orecchio e gridando "Prontooooo, non c'è campoooooo!".
Questa teoria è dimostrata anche dal fatto che tutti voi avete assistito almeno una volta alla scena di una donna trafelata che caccia fuori tutto il contenuto della borsa per cercare qualcosa e poi quando tenta di rimetterci il contenuto, non ci stà più nulla...
Si insomma ci vuole metodo... e un goniometro nucleare!

Gli oggetti nella mia borsa:
- Porta patente con scontrini dal dicembre 2004 ad oggi più 4 sim scadute che non mi decido a buttare e le banconote in mio possesso (attualmente nessuna)
- Chiavi di casa (con portachiavi rana e cavallino di legno)
- Chiavi della macchina (una chiave con dodici portachiavi assortiti)
- Una manciata di monete da uno e due cent (tutte trovate per strada e pertanto considerate portafortuna e non spendibili)
- Sacchetta beauty che a sua volta contiene: una cipria, un rossetto, un burro di cacao, un assortimento di medicine, aulin, tachipirina, maalox, uno specchietto da borsa, un tampax, un lines seta ultra con ali e motori a reazione, salviette monodose disinfettanti, cerotti, garze, bende, filo da sutura, ago da sutura, guanti in lattice, defibrillatore, divaricatore, bisturi, macchina per ecografia, ecocardiografo, fiori di bach
- Bustina trasparente con santini vari raccolti nei vari pellegrinaggi per le sagre paesane: preferiti sant'Ignazio da Laconi, Padre Pio, santa Greca, san Gemiliano
- Pacchetto di sigarette (Camel Silver)
- Dodici accendini assortiti fottuti a conoscenti e sconosciuti
- Una penna
- Un'agendina di tre anni fa riciclata
- Tre/Quattro buste paga dei mesi precedenti
- Pacchetto di gomme anti-alito-al-posacenere
- Cioccolatini del bar (quelli che ti danno col caffè) tutti rigorosamente scaduti
- Cd pirata
- Muffa
- Tabacco
- Polvere
- Sabbia di mare
- Alghe

Finito!

Non ho trovato altro, anche se penso la scientifica potrebbe rilevare altre sostanze... Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, se non potrò permettermi un avvocato me ne sarà fornito uno d'ufficio! Giuro di dire la verità, tutta la verità, tranne la verità.

Finito!

martedì 16 gennaio 2007

Il colpo della fionda

Erano tempi di guerra nel regno di Ukkvastaargrrellahhanderituyuur; l’Imperatore era morto senza lasciare un successore come la tradizione imponeva tutti i più valorosi guerrieri dovevano sfidarsi senza posa per la scelta del suo successore. Da tutte le parti dell’impero giunsero in rappresentanza delle varie regioni i più straordinari combattenti dell’epoca: dalla sterminata terra del nord fu mandato Eric dell’Ascia, dalle steppe dell’ovest Oleg dell’Alabarda, dalle lande dell’est Omar della Mannaia e dai laghi ghiacciati del sud Peter del Martello.
Quando i quattro si ritrovarono faccia a faccia per lo scontro finale nell’arena del palazzo reale il Maestro di Cerimonie, che stava per dare il via alla battaglia, vide sopraggiungere un ometto sproporzionatamente grasso e puzzolente il quale disse: “sono Pus della Fionda, il guerriero dell’isoletta di Skifo”.
In effetti l’isoletta di Skifo era stata recentemente annessa all’Impero ma trattandosi di uno scoglietto di 13 metri quadrati in mezzo al mare popolato solo da 24 abitanti, 15 granchi e 11 polpi nessuno la calcolava.
Dopo un rutto che sapeva di totani Pus proseguì: “sono qui per rivendicare i diritti della mia regione a partecipare alla disfida per il trono”.
Inutile raccontare lo sbigottimento del Maestro di Cerimonie alla singolare richiesta di Pus il quale aggiunse: “Ma come mai è così male illuminata questa piazza? E, a proposito, dove sono gli altri contendenti?”
Il buon Pus era alto 1 metro e 35 contro i 2 e 15 di media degli altri guerrieri e non si era accorto che essi erano attorno a lui e gli facevano ombra con i loro corpi scultorei.
Egli non aveva niente da spartire con essi per ciò che riguardava l’aspetto fisico se non il peso: al pari loro pesava infatti 150 chili, distribuiti, ovviamente, in maniera diversa.
Il Maestro di cerimonie consultati i Consiglieri Supremi e il Mastro dell’Atlante decise che la richiesta degli abitanti di Skifo era fondata e che Pus a suo rischio e pericolo poteva partecipare.
Non appena fu dato il via una battaglia terrificante si scatenò e mentre l’ascia titanica di Eric sbatteva con vigore sull’alabarda di Omar, la mannaia di Oleg, sfregando sul martello da guerra di Peter, sprigionava scintille di fuoco per tutta l’arena.
Dopo diverse ore di lotta furibonda, quasi contemporaneamente, le teste di Oleg e di Eric schizzarono in alto recise di netto dai loro avversari e sbatterono per aria andando a ricadere ognuna sul corpo esanime dell’altro. Pus nel frattempo stava consumando la colazione al sacco che si era portata da Skifo; giusto una cinquantina di chili di cozze e arselle crude. “Se non mangio adeguatamente non sarò in forze per questa prova” pensò.
Ora Peter e Omar si studiavano al centro del campo di battaglia con odio feroce; pochi istanti ancora e scatenarono l’assalto decisivo con un’espressione di una cattiveria disumana nei loro sguardi.
Omar impugnava la sua mannaia mortale, Peter brandiva il suo martello da guerra chiodato e dopo essersi avvicinati fino ad incrociarsi per un solo lunghissimo attimo, la terra tremò, il cielo divenne nero e tuoni di morte rimbombarono in lontananza. Un secondo dopo Omar giaceva riverso mentre Peter innalzava il suo canto di vittoria rivolto ai suoi dei della guerra in segno di ringraziamento.
Tutto quel baccano risvegliò Pus dalla pennichella postprandiale che si era concesso dopo lo spuntino a base di frutti di mare crudi.
Peter, che non si era neanche avvisto del suo nuovo avversario, lo notò infine, e scrutandolo con uno sguardo tra la compassione e lo scherno, lo apostrofò dicendo: “levati di torno e non ti ammazzo”.
“Io sono Pus della fionda di Skifo e sono qui per diventare il tuo Imperatore” ribatté l’altro sicuro di sé.
E mentre Peter rialzava il suo martello da guerra da 50 kg e avanzava verso Pus minaccioso, disse: “a parte che non vedo nessuna fionda, comunque adesso ti faccio tanto male”.
Ma il finale scritto dal Fato era ben diverso. Infatti, nonostante il suo aspetto perlomeno inusuale, il paladino di Skifo aveva approntato, grazie a mesi e mesi di meticolosa preparazione, una micidiale tecnica di combattimento che di lì a poco lo avrebbe condotto alla vittoria.
Repentinamente Pus si infilò due dita in gola e vomitò davanti a Peter un unico enorme bolo di quasi un quintale commisto di cozze, arselle e frutti di mare vari ingurgitati nei lunghi mesi di preparazione all’incontro e oramai ben rassodati dai succhi gastrici. Poi con una delle dita rimastegli libere estrasse dalle sue narici una spaventosa caccola collosa di un metro e mezzo con la quale, vista la flessibilità del materiale prodotto, allestì una primordiale fionda. Nel mezzo della medesima inserì il bolo precedentemente liberato dal suo corpo e con un colpo preciso e mortale scagliò il putrido macigno di frutti di mare semidigeriti dritto in fronte a Peter che ne morì sul colpo.
“I frutti hanno dato i loro frutti” pensò più tardi soddisfatto Pus della Fionda di Skifo, nuovo imperatore del regno di Ukkvastaargrrellahhanderituyuur.

venerdì 12 gennaio 2007

Lei, Proprio Lei (le contraddizioni di una Lei)

Personaggi e interpreti:
Lei: donna di sani principi
Lei, Proprio Lei: sempre Lei, con i principi a casa
SuperFico: il bonazzo totale che fa si che i di Lei principi restino a casa
Lui: uno qualsiasi, decisamente non SuperFico

Lei che lo fa solo quando è innamorata.
Lei, Proprio Lei, deve essersi innamorata in una mezz’oretta scarsa di quel SuperFico alto un metro e novanta, bello come il sole, attorno al quale zampetta come un cagnolino che non aspetta che un bell’osso dal padrone: e che osso.
D’altronde è sempre Lei, che in un uomo per prima cosa guarda sì le mani, ma fondamentalmente resta colpita dal carattere, dalla sensibilità e da un’altra tonnellata di cose carine.
Lei, Proprio Lei deve avere trovato un vero e proprio pozzo di tutte queste cose tra i pettorali sagomati dello stesso aitante SperFico, per essere ormai certa della sua integrità morale.
Lei che una persona la deve conoscere bene, per potersi fidare.
Lei, Proprio Lei, grazie a tecniche di comunicazione ipercondensata deve essere riuscita a sapere vita morte e miracoli di SuperFico, a giudicare dal modo con cui lo guarda sbavando sul divanetto.
Probabilmente Lui, ingenuo e malfidato, ha sempre sottovalutato il potere conoscitivo di un approfondito colloquio quale può essere, ad esempio:
“E’ tanto che vieni qui?”
“Si”
“Si sta bene vero?”
“Già”
Lei che vuole sentirsi importante, amata, coccolata e riverita.
Lei, proprio Lei deve avere un’interpretazione tutta particolare del lessico d’oggi, per il quale all’occorrenza, “vuoi un gin lemon”, consuetamente tradotto in “vuoi succhiarmelo?” se proveniente da Lui, diventa invece aulica prosa italica, quale: “oh nobil dama anelo danzar con voi e per allegrezza porgovi una bevanda ricca in spirito per alleviar le dolci pene dell’umana condizione” se proveniente da SuperFico.
Lei che mai toccherebbe l’uomo di un’altra, perché certe cose non si fanno e per non fare agli altri quello che non vorresti venisse fatto a te.
Lei, Proprio Lei, si dimentica casualmente di indagare sulla vita privata del danzante SuperFico dagli occhi color tripudio: ma occhi così potrebbero mai nascondere una fidanzata cornuta? E se fosse? Beh, deve essere una stronza, tanto di meritato. E se non fosse? Beh, oggi ho bevuto un po’ troppo e non sono in me… Cameriere!!! Un altro gin lemon…
Lei che quando Lui le ha chiesto se a pasto gradiva un bicchiere di vino rosso d’annata per accompagnare i “Brisopelli scoppertati alla San Fruttenzio” che le aveva preparato in una intera sera per fare bella figura, lo ha guardato come per dire: “ma vuoi farmi ubriacare? Guarda che sono astemia, io: a, esse, ti, e, emme, i, a! Tutti uguali vuoi uomini.”
Lei, Proprio Lei, si riscopre una piccola Bukoswky e cambia idea, trangugiando di sua sponte il dodicesimo gin lemon che SuperFico neanche le voleva invero offrire, caracollando fra le sue braccia con una risata grassa e maiala che scandisce: guhadah keh shono ashtemiah ioh eheheh, capitoh? Asthemiah: esse, c, o, pi, a, emme, i!

lunedì 8 gennaio 2007

Il folletto Frittata

C’era una volta un bo... un bo... un bo... un bosco incantato dove viveva un simpatico folletto che si chiamava Frittata. “Chissà perché mi chiamo così?” pensava.
Egli era chiaramente un po’ matto e pesava circa 100 grammi essendo appunto un folletto.
Abitava sotto un fungo che era cresciuto sotto l’unghia incarnita dell’alluce sinistro di un orco che si chiamava P e che tutti chiamavano il P-orco, non si sa bene se per fare prima a chiamarlo o per fare prima a dargli del maiale, visto che non si lavava proprio mai.
Il bravo Frittata (“Che nome strano che ho, non mi piace”, disse all’autore) soffriva molto per il fetore emanato dal P-orco e per non finire intossicato si rivolse ad una sua conoscente, la folletta Karinzia, la quale aveva una amica intima che forse poteva trovare la soluzione per il suo caso essendo un’affermata estetista.
“Estetista io? Ma quando mai!” affermò offesa l’intima di Karinzia, la quale aveva sette lauree ed era professoressa di Fisica delle particelle elementari, medie e superiori. Stupito Frittata (“Dovevi essere ubriaco quando mi hai dato il nome”, protestò egli nuovamente nei confronti dell’autore) chiese spiegazioni a Karinzia, la quale, sorridendo con aria ebete in una nuvola di fumo dall’inebriante odore, arrancò e cadde a pelle di leone. Un buffo ometto vestito di bianco balzò allora addosso a Frittata (“Nome di merda”, ribadì) gridandogli “Break!” e contando fino a dieci .
Il folletto meditò allora un’altra soluzione.
Optò per dei tappi nel naso ma sbagliò mira e se li infilò nelle orecchie.
“Hurrà! Non sento più la puzza! Non sento più il cattivo odore! Non sento più niente!” esultò festante rivolto verso un suo amico che gli rispose: “--------? ------------! -----, -------!”
A quel punto sprofondò nella disperazione più nera ed oltre a non sentire non vedeva più nulla.
Si rivolse allora al saggio Ass, il quale aveva il colorito verde e la fama di un finocchio, sperando che potesse trovare una soluzione al suo problema.
Ass dopo avere meditato per 7 lunghi giorni, praticamente 7 ggggggiiiiiioooooorrrrrrnnnnnniiiiii, si risvegliò, fece colazione e si avvicinò al nostro Frittata (“Stronzo, cambiami il nome!” suggerì indispettito all’autore).
Giunto di fronte al folletto, avvolto da un’aura di solenne misticismo, Ass lo abbracciò con fare paterno, lo carezzò sul volto e lo baciò sulle guance, gli prese le mani e gliele strinse, poi...
“Ass, saggio, tieni a posto lo mani e indicami la soluzione” proruppe preoccupato Frittata (“Uffa! Chiamami Paolo, Mario, ma non Frittata!”).
“Ho riflettuto a lungo figliolo, sembravo uno specchio da quanto ho riflettuto, e ho concluso che sono inequivocabilmente cazzi tuoi, amen.” disse Ass.
Il buon folletto stremato dai ripetuti fallimenti scelse di emigrare su di un nuovo orco, in cerca di miglior sorte e di miglior odor.
La fortuna fu dalla sua.
Trovò un variopinto orco, di nome Baleno, sul quale abitava anche una bellissima comunità di amabili folletti, i quali, dopo qualche tempo, avendolo preso in simpatia, lo elessero indaco.
Ma in questa carica Frittata non ne combinò una giusta e dopo poco tempo i suoi conorchini esasperati, stavolta lo fecero indaco.
Sull’orco Baleno trovò però la sua anima gemella. Si sposò con una affascinante folletta che faceva la centralinista, nota a tutti come la folletta del telefono. Ella aveva un buffo nome: Tento, ed il nostro eroe visse felice e con Tento fino alla fine dei suoi giorni... Ovvero fino all’indomani, in quanto essendosi scordato i tappi nelle orecchie non sentì il clacson di un giaguar che lo centrò in pieno spiaccicandolo sull’asfalto come una frittata.
“...Bastardo...” furono le ultime parole del folletto e nessuno seppe mai se dirette al giaguar o all’autore.

mercoledì 3 gennaio 2007

Amba Rabah CC KoKo

Per la rubrica Sounderground ci occupiamo oggi degli Amba Rabah CC KoKo, gruppo new wave salito alla ribalta grazie al sorprendente album d’esordio “Coloured vomits”, che in sole tre settimane ha già venduto 5 miliardi di copie nel solo Lussemburgo (dati PaccoTel).
Il quartetto proviene dalla periferia londinese ed è composto dalla cantante Porty Sfeegah, dal chitarrista di origine abruzzese Henry Pozzofangoso, dal bassista nigeriano Obongo e dal batterista giapponese Ke Gong.
Si definiscono un gruppo pneumacomprensivo e hanno battezzato la loro musica “un pandemonium antipodale e smitizzante”.
Il loro primo album “Coloured vomits” è un vero capolavoro.
Le atmosfere dark si fondono a imbastiture musicali di un candore settecentesco, dando così vita a un mare di suoni grigi e perversi, nel quale i quattro membri della band sguazzano infelici ricreando un magnifico stile di ingenuità compositiva, talmente perfetto, che spesso sembra siano completamente ignari e inconsapevoli di ciò che stanno suonando.
I testi riecheggiano di una filosofia fiabesca come in “Back to my big Godzilla” dove con le parole: “Solo calci in culo, solo calci in culo, solo calci in culo, per tornare dal mio Godzillone!” questi nuovi Doors del 2000 ci propongono un panegirico rutilante e di notevole profondità intellettuale dal quale emerge prepotente tutta la disperazione di una generazione tediata.
Gli Amba Rabah portano avanti un discorso moderno sulla concezione della psiche e sul suo divenire che, grazie alla presenza arrembante di un nuovo io transeunte, genialmente identificato con il mitico mostro giapponese, viene trascinata e salvata allo stesso tempo dalla distruzione.
Strepitoso il lento “Ballad for a postman” in cui nei sedici minuti di puro progressive del brano non si ode nessun altro rumore che quello di un uomo che affranca lettere aiutato dal suo cane bavoso.
Si va poi verso l’ottimistica e scoppiettante “2 minutes to my autopsy” passando per l’allegrissimo e ritmato “Look at my depression”; infine la title track “Coloured vomits” nella quale il testo ci spinge ad una ricerca meticolosa di noi stessi in mezzo ai resti di un mondo che, grazie ad una metafora quanto mai efficace, vediamo riproposto nel vomito di un grassone alcolizzato di Boston.
La cantante Porty è un vero e proprio mostro e copre con la sua estensione ben sette ottavi del palco.
Pozzofangoso invece dispone di una tecnica formidabile grazie alla quale può esibirsi in assoli di notevole difficoltà; infatti la sua tecnica del suono è molto brava anche a suonare la chitarra e quando la partitura diventa tosta lui si fa sostituire.
Per ciò che riguarda le ritmiche gli Amba Rabah palesano ancora qualche limite.
Il bassista Obongo infatti suona solo pezzi in tre quarti dentro un cerchio dipinto con un gesso giallo per motivi religiosi.
Il batterista Ke Gong proviene invece da una poverissima famiglia della periferia di Hiroshima ed oltre a suonare con le stesse bacchette con le quali mangia per motivi economici, ha anche evidenti problemi di coordinazione nell’eseguire i tempi dispari e spesso gli capita di urtare il rullante con tutte e tre le braccia.
Potremo ammirarli presto anche in Italia quando suoneranno, unica data nel nostro paese, al Funny Cancer di Roccapeperone (Ag), accompagnati per l’occasione dagli italianissimi “Riccioli di margarina rancida” dei quali parleremo diffusamente nel prossimo numero.