giovedì 8 ottobre 2009

Il biscotto di Obongo

La scritta sul lato della confezione osservava Obongo gia' da diverso tempo.
"Biscotti semplici preparati con ingredienti naturali: prova a farli anche tu!" e di seguito la ricetta per ottenere tanta bonta'.
Un biscotto friabile della densita' perfetta: di quelli che si addentano con piacere senza il rischio di spezzarsi un incisivo e che allo stesso tempo non cedono alla prima inzuppatura sparpagliandosi come mucillagine nella tazza del te'.

Obongo e' tentato. Obongo decide.
"Non verranno proprio uguali a quelli che compro, ma se seguo la ricetta alla lettera, magari saranno abbastanza simili."
Supermarket. Lista della spesa: farina, uova, miele, zucchero, margarina, lievito, c'e' tutto.
Via a casa ad impastare.
L'impasto, appunto: il primo segnale di impaccio.
La maledetta pasta e' incredibilmente appicciosa ed invece di farsi stendere fino a raggiungere la suggerita altezza di millimetri 4 continua ad arrotolarsi attorno al mattarello manco fosse imbevuto di colla. Problema comunque risolto, grazie ad una spolverata di farina sull'attrezzo. Operazioni di stesura concluse, via al taglio con il bicchiere, opportunamente scelto della stessa dimensione dei biscotti originali. [ah! Obongo il perfezionista]

Forno a 180 gradi.
Teglia imburrata.
Cerchi perfetti stesi sulla teglia.
In forno!

Un secondo chiaro segnale di impaccio arriva durante la cottura quando i biscotti dalle forme perfettamente tonde ritagliate dalla geometria del bicchiere iniziano a scomporsi nel forno improvvisando una sorta di bizzarro rituale di accoppiamento e ingigantendosi fino ad accavallarsi qua e la' gli uni sugli altri.
Dannato lievito: pochi fottutissimi grammi di polverina batterica bastano da soli a molestare quell'ammasso che Obongo, forma di vita basata sul carbonio e dotata di cervello, e' riuscito a domare a stento, nonostante fosse perfino armato di bastone.
I 10 minuti passano e nel bel mezzo della caldissima orgia di batteri e farina Obongo estrae il prodotto finito dal forno.

L'assaggio fornisce immediatamente il verdetto: i biscotti originali e quelli fatti in casa da Obongo non hanno il benche' minimo denominatore comune ne' per sapore, ne' per forma e ne' tantomeno per consistenza.
Il sapore non e' sicuramente cattivo, ma in definitiva solo un assaggiatore privo della lingua, raffreddato e opportunamente corrotto potrebbe affermare che si tratti di biscotti anche solo lontanamente imparentati.
I sottili minuti cerchi della forma originale hanno lasciato spazio a degli ovoidi impazziti a meta' fra il macro frollino e la ciambella nana.
E se sapore e forma sono solo due parziali fallimenti, la consistenza mette la parola fine alle speculazioni post cottura.
Alla prova del te' la perfezione del biscotto originale, cosi' diligente nell'assorbire la quantita' perfetta di liquido senza mai sgretolarsi se non in bocca, e' solo un lontano pallido ricordo.
Il biscotto di Obongo inzuppato piu' e piu' volte non mostra il benche' minimo segno di affaticamento e la sua durezza iniziale permane immutata, prova dopo prova.
E' praticamente idrorepellente e, ad una piu' accorta analisi della fase di inzuppamento, si puo' distintamente notare che il te' si apre in perfetto stile mar Rosso sotto le direttive di Mose'.

Obongo, inguaribile ottimista, sostiene comunque che il biscotto originale cede il passo a quello da lui realizzato in determinate situazioni.
Il biscotto di Obongo e' infatti particolarmente indicato per un te' sul lago, qualora abbiate in mente una gara di rimbalzo dei ciotoli sull'acqua, o nell'evenienza di un aristocratico te' nel cottage di qualche lord inglese con susseguente gara di tiro al piattello.