venerdì 14 gennaio 2011

Il granchio Dino


Questa è la storia del granchio Dino e dei suoi amici che abitano nel Granchenion.
Un giorno Dino si svegliò in preda ad una curiosa sensazione mai provata prima. Pensò allora di parlarne con il suo amico Satore, si sgranchì le gambe ed uscì. Dopo molte annotazioni e commenti il granchio Satore gli rivelò che il suo turbamento dipendeva dall'essere entrato nella stagione degli amori.
"Ho un paio di amiche che farebbero al tuo caso" suggerì Satore.
"A chi stai pensando" chiese interessato Dino.
"Così su otto zampe mi vengono in mente un paio di nomi... Pona o Vata per esempio".
"Non saprei, la Granchia Pona non mi è mai piaciuta... Però Vata..." replicò Dino arrossendo un po'.
"Beh non è un'impresa semplice; è una delle granchie più carine e ha molti ammiratori".
"Già, hai ragione... Chele potrei dare io di speciale?" disse Dino sfiduciato.
"Non disperare. Prova a parlare con Roveggente e senti cosa ti riserva il futuro, magari esiste una possibilità."

Si congedarono e Dino uscì per strada. Si soffermò a guardare i giovani granchietti che giocavano allegri facendo un granchiasso e ripensò nostalgico a quando era giovane e spensierato, ovvero fino alla notte prima.

Scoraggiato e un po' spaventato dal responso che la granchia Roveggente avrebbe potuto dargli decise invece di cercare conforto spirituale e si recò quindi alla Gran Chiesa.
Il prete gli venne incontro con la sua pettinatura inconfondible.
"Padre granchio Mafolta, ho bisogno d'aiuto; credo di essere entrato nella stagione degli amori. Ho pulsioni irrefrenabili, ma non trovo una compagna, che posso fare?"
"Granchio Dino, nonostante le tue grosse potenzialità, vedo che soffri. Non c'è un rimedio, devi solo pazientare. L'unico consiglio che posso darti è di non commettere atti impuri, perchè ti faresti solo del male... ahem... ecco... diventeresti cieco."

Sempre più depresso e sconfortato Dino tornò in tana e quando fu notte cercò di addormentarsi, ma senza successo.
Il pensiero fisso della granchia Vata unito alle sue primordiali pulsioni gli impedivano di prendere sonno.
"Ho perduto la mia cara pace!" pensò mentre sentiva la sua corazza più dura del solito.
Improvvisamente cominciò a toccarsi in preda alla frenesia e realizzò che il granchio Mafolta non gli aveva detto tutta la verità.
Non era diventato affatto cieco; poteva infatti vedere benissimo tutto il male che si era fatto stringendo fra le chele il suo gran chiodino.