lunedì 24 novembre 2014

Il giorno in cui Obongo restò di sasso

Il piccolo Obongo ha dieci anni e ogni tanto va da solo a giocare sulla spiaggia.
Uno sei suoi passatempi preferiti è raccogliere sassi di varie forme per poi scagliarli in acqua nei modi più disparati ed annotare i risultati su un taccuino: un hobby a cavallo fra la geologia, la fisica e la disperazione di non avere un amichetto con cui fare qualcosa di meglio.
Ecco cosa gli successe un bel giorno.

Obongo passeggia con il taccuino sotto il braccio ed inizia la sua ricerca andando a caccia di pietre lisce e levigate, quelle da lanciare con movimento parallelo al terreno con l’obiettivo di farle rimbalzare sull'acqua.
Una volta raccolti un po’ di discoidi di varia forma e colore, Obongo passa all'azione ed inizia quelli che per lui sono esperimenti scientifici e che il resto del mondo chiama invece “giocare a rimbalzello”.
Dopo ogni lancio annota dimensioni del proiettile, angolo di incidenza, propulsione applicata, etc.
“Alla luce dell’esperimento condotto, posso concludere che il sasso con un diametro di circa 3,5 centimetri, lanciato con leggero effetto a salire ed angolo di incidenza di poco inferiore a 180° offre il maggior numero di rimbalzi anche in condizioni di mare increspato.”

E’ poi la volta dei ciottoli di forma sottile e allungata.
Questi oggetti affusolati sono più rari da trovare ed Obongo fatica un po’ prima di collezionare un certo numero di esemplari: finalmente può iniziare i suoi test e trascrivere i risultati.
“Il sasso affusolato è difficile da lanciare; per un risultato ottimale impugnarlo dal baricentro e mirare dritto controvento con un angolo di poco superiore ai 45°. Assicurarsi che il sasso superi i 40 grammi di peso ed evitare ossi di seppia e sassi spugnosi che non offrono adeguata resistenza e vanificano l’esperimento”.

Obongo adocchia poi due grosse pietre e decide, nonostante non sia esattamente forzuto, di includerle nell'esperimento per amore della scienza.
Ne ammucchia qualche altra di dimensione altrettanto importante e fa qualche tentativo.
“Per lanciare sassi di dimensione superiore ai 10 centimetri di lato è necessario usare una tecnica simile a quella del lancio del peso; se il sasso supera i 20 centimetri allora è decisamente più agevole una presa bassa con due mani. Scagliare il sasso dopo alcune oscillazioni avanti e indietro per ottimizzare lo slancio. Fare attenzione alla schiena.”

Obongo ha terminato la sua redditizia giornata e sta per tornare a casa.
Sulla strada si lascia però incuriosire da alcuni sassi dalla forma strana, quelli di difficile catalogazione; vuole provare qualche altro lancio, giusto per rendere più completa la sua indagine.
In particolare, ne scorge uno scuro, sul bagnasciuga, di un materiale che non gli sembra di riconoscere, nonostante ormai ne abbia visti di tutti i tipi.
La forma è accattivante, aerodinamica e allungata, ma non sottile, robusta al punto giusto; il sasso ha sicuramente un peso ideale per una lunga fase aerea.
Sembra perfetto e Obongo non se lo fa sfuggire, pregustandosi un lancio di almeno una decina di metri.

“I sassi dalla forma strana vanno analizzati con cautela. Ancora prima di lanciarne uno o anche solo di raccoglierlo fare molta attenzione al materiale di cui è composto per evitare inconvenienti. Importante: non raccogliere sassi dalla forma strana se è appena passato un grosso cane”.



giovedì 13 novembre 2014

Il Bivio di Eskathlon

Nella piana di Herf Gottlon.
- Lord Obongus, ci siamo persi?
- Flökkerog, mio fedele amico, ci accamperemo qui per la notte e proseguiremo con la luce del giorno.
- Ma la piana di Herf Gottlon è piena di creature del buio! È troppo rischioso!
- Non temere Flökkerog. Vedi questo anello amico mio?
- Sembra un comune Quarzo di Kummon, è identico a questo che porto sempre con me; ecco mio signore, non sembrano lo stesso anello?
- Mio ingenuo Flökkerog! Questo è un anello magico di Swimma-Brok, donatomi dal mago Higgerod.
- Higgerod il supremo?
- Sì, proprio lui. Questo anello rende invisibile chi lo porta e chi gli sta vicino. Tieni, conservalo per me, domani ne avremo bisogno. Ora prepara l’accampamento Flökkerog.
- Dove andremo mio signore?
- Ritroveremo la retta via, fino ad arrivare alle lande di confine e oltre, fino al Bivio di Eskathlon.
- Quello che a destra porta al giardino delle Gnokkans le locandiere lussuriose che offrono massaggi al viandante?
- Sì, ma noi andremo a sinistra dritti verso la terra dei Trucidor, i malvagissimi demoni che succhiano il midollo all’incauto viandante.
- Sicuro mio signore… sinistra?
- Certo Flökkerog, esiste forse un'altra possibilità nella strada per la gloria?
- Ovviamente no, anche se valutando oggettivamente…
- Bene, mi piace saperti deciso e pronto a qualsiasi sacrificio. Ora dormi, che domani si parte all’alba.
- Buona notte Lord Obongus.

La mattina al Bivio di Eskathlon.
- Eccoci al bivio Flökkerog, ci stiamo per addentrare nella terra dei Trucidor.
- Certo Lord Obongus… Anche se già che siamo un po’ in anticipo, magari potremmo fare un salto…
- Ci spingeremo oltre il bosco del non ritorno, fino a Glendaraan per ricongiungerci con le gilda dei ribelli con la mazzafionda.
- Glendaraan è un gran bel posto certo, anche se ho sentito che la gente è un po’ freddina e non si mangia un granché bene, e poi…
- Una volta insieme agli altri saremo pronti per la battaglia finale contro i Brog-Vel-Dom, i cannibali tritura-umani assetati di sangue, che da anni si divertono a trucidare il nostro popolo; gente come me e te, brutalizzata, torturata e poi uccisa nei modi più bizzarri e sanguinolenti!
- Infatti; a tal proposito pensavo mio signore che prima della battaglia si potrebbe…
- È ora di andare Flökkerog, mio valente amico!
- E se facessimo un salto veloce? Giusto un idromele al banco? Poi acceleriamo un po’ il passo e…
- Ora passami l’anello e stammi vicino, così i Trucidor non si accorgeranno del nostro passaggio.
- Ecco l’anello Lord Obongus.
- Eh eh eh, la potenza dell’anello di Swimma-Brok è micidiale! Non ti vedo già più Flökkerog, sembra che ti sia volatilizzato nel nulla. Questo anello è prodigioso; se non sapessi che è l’effetto della magia mi verrebbe quasi da pensare che te ne sia andato per davvero! Ahahah, che portento questo anello! E se io non vedo te, di sicuro quell’enorme Trucidor armato di ascia a tre teste non può vedere me… povero fesso! Gliela facciamo sotto il naso, gli passiamo davanti senza che si accorga di niente. Certo se solo ci vedesse non avremmo scampo e… 

... SSSCHHOKKKK... SPACKKKK... AAAAHHHH... tonf.

Dopo poco, nel giardino delle Gnokkans.
- Venereah guarda l’anello che mi ha regalato l’elfo l’altro giorno.
- Ma sembra un comunissimo Kratter, come questo che porto al dito, guarda.
- Eh no, no. Questo è stato forgiato dal mago Higgerod.
- Higgerod il supremo?
- Sì proprio lui. Questo quando lo indossi ti fa perdere cinque chili e ti fa crescere le tette della taglia che vuoi tu!
- Ah Zyrconia! Ne voglio uno anch’io. Hai il numero dell’elfo?
- Eh no, l’elfo non me lo tocchi; parla con il tuo amico gnomo va, che sicuramente se lo può permettere.
- Zyrconia?
- Sì, Venereah?
- Lo so che qui ci siamo solo io e te e che siamo a un paio di metri di distanza, ma sei tu che mi stai toccando il sedere?


giovedì 6 novembre 2014

Professionista!

Obongo, Obocu e Obongazio si incontrano per trascorrere insieme la serata.
Cena in ristorante bagnata da ottimo vino e conclusa con il dovuto quantitativo di digestivi; è il momento di proseguire verso la discoteca.
Obocu però mostra segni di cedimento; la stanchezza accumulata il giorno prima gli sta presentando il conto e preferirebbe andare a dormire.
Sfortunatamente per lui, i tre hanno fatto equipaggio nella macchina di Obongazio e sono ormai vicinissimi alla discoteca; Obocu fa buon viso a cattivo gioco e prosegue la serata “Se proprio crollo dal sonno, mi sdraio sul sedile di dietro e dormo, poi al ritorno guido io tanto stasera non bevo”.

Si avviano.
Obocu, come previsto, finisce le energie quasi subito e si ritira in buon ordine nella macchina di Obongazio a pisolare, in attesa del ritorno degli altri due.
Obongo ed Obongazio invece se la spassano alla grande, ingollando un drink dopo l’altro, complice la presenza di un vecchio amico al bar che glieli elargisce gratuitamente.
Dopo appena un’oretta i due sono cotti al punto giusto e dopo una lunga serie di mojito si buttano in pista.
La quantità di alcool ingerita è tanta e saltellare come due invasati li aiuta a smaltire almeno il minimo essenziale prima di rimettersi in strada.
L’ora si fa tarda e i due tornano alla macchina per trovare Obocu, il guidatore designato, rannicchiato in posizione fetale sul sedile di dietro, immerso in una sorta di coma: qualche colpetto sulla schiena al quale non fa seguito nessuna reazione motoria, evidenzia subito che il sonnolento amico non ha nessuna intenzione di aprire gli occhi, condizione imprescindibile per chi deve guidare.
Ora, alla luce dei dati raccolti in tanti anni di feste e relative attività alcoliche vissute insieme, i due sanno bene che Obongo al netto di una pinta di birra dà molte meno garanzie di Obongazio dopo una bottiglia di whisky: quest’ultimo non ha altra scelta che mettersi al volante.

“Ce la fai?”
“Sì, sì.”
“Vuoi che guidi io?”
“No, preferisco vivere.”

Obongazio parte e si fa forza pensando che alle quattro del mattino su quel pezzo di strada la polizia non l’ha mai vista. Con suo sommo disappunto, gli bastano pochi chilometri per vederne anche troppa, manco fosse la serata in cui vengono effettuati in un’unica soluzione tutti i controlli stradali dell’intero mese, per far quadrare la media giornaliera. Una dozzina di auto pattuglia scorta Obongazio ed un lungo convoglio di altre vetture incolonnate, verso un punto poco più avanti, dove gli autisti sono attesi dall’inesorabile prova dell’etilometro.

Parcheggiati in attesa del loro turno, vengono raggiunti da un agente munito di pila, per un primo controllo dell’autovettura.
La scena è surreale.
Costui punta la luce dritta in faccia a Obongo ed Obongazio.
I due prima strizzano gli occhi abbagliati, poi ricambiano con un divertito sorriso (o la smorfia alcoolica equivalente).
L’agente dirige allora la luce verso il retro, dove giace Obocu avvolto nel suo sonno imperturbabile, a bocca aperta e con un po’ di bava che dalla bocca cola sul sedile.
“E quello lì? Cosa gli avete fatto?”
I due spiegano che Obocu è solo vittima di troppa attività sportiva e poco sonno, ma che è vivo, sta bene e non è sotto effetto di droghe.
L’agente però non sembra convinto e inizia a dare colpetti con la torcia ad Obocu, il quale questa volta per fortuna reagisce agli stimoli con un sussulto scomposto, tira una bestemmia commista ad uno sbadiglio, per poi effettuare una rotazione del corpo di 180° e ricominciare da dove era stato interrotto.
“È vivo, vede agente, gliel’avevo detto” esclama Obongo assertivo (o l’equivalente alcoolico), mentre Obongazio riesce nella sopraffina impresa di ridere per questa inopportuna osservazione con la sola parte destra del viso, quella rivolta verso il suo amico, e contemporaneamente a contrarre la parte sinistra, quella rivolta verso l’agente, in una smorfia di disapprovazione.
“Lo scusi agente, ha bevuto un po’ troppo.”
Obongo sorride con gli occhi all’agente accostando indice e pollice nel gesto di “solo un pochino, così”.
“Favorite un documento.”
Obongazio porge la patente, Obongo porge la carta di credito.
“Questo non è un documento!”
“Come no, agente? C’è scritto il mio nome sopra, io mi chiamo proprio così: O ß Ø N ¥ G § H Ô” biasciando le lettere in un bizzarro spelling mentre cerca di indicarle con la punta dell’indice.
Vedendo la pazienza dell’agente messa a dura prova, Obongazio intercede mettendo ordine in tutta la storia: il guidatore doveva essere Obocu e Obongo non aveva preso con sé documenti sapendo di non averne bisogno per non portarsi appresso cose inutili in discoteca.
I punti credibilità guadagnati da Obongazio, rivelatosi l’unico in grado di sostenere una conversazione articolata con l’agente, non bastano però a evitargli l’etilometro.
Conscio di quanto ha trangugiato durante tutta la serata si avvia mesto, dà un ultimo sguardo alla macchina convinto di doversene presto separare, sapendo che le possibilità di risultare sotto il limite di 0,50 previsto dalla legge al momento sono pari a quelle di Obongo di distinguere la carta di credito da quella d’identità.
Obongo lo saluta con la manina dall’abitacolo con uno sguardo preoccupato (o l’analogo alcoolico equivalente) mentre ripone in tasca la carta di credito.

Dopo qualche minuto Obongazio è di ritorno.
Si infila in macchina, allaccia la cintura e mette in moto.
“Scappiamo? Guarda che ci inseguono e poi ci arrestano.”
“No, no, tranquillo; tutto a posto.”
“A posto cosa? Hai fatto il record? Hai vinto un peluche?”
“No, tutto a posto… Davvero.”
Obongazio ridacchia tra sé e sé.
Obongo non sta più nella pelle “Quanto hai fatto?”
“0,49.”

La voce della presunta salma dal sedile di dietro rompe il silenzio: “Professionista!”