mercoledì 31 dicembre 2014

Intervista a Budget Man

In tempi di crisi si assiste ad un proliferare di soluzioni low-cost un po’ in tutti i settori.
Noi di Obongo Forever abbiamo intervistato per voi Budget Man, il primo supereroe alla portata di tutti.

OF: Buongiorno Budget Man!
BM: Mi chiami pure Pino.
OF: Come Pino?
BM: Sì, all’anagrafe io mi chiamo Pino Rossi.
OF: Ma come? Ci svela la sua identità segreta? Non vuole proteggerla a tutti i costi?
BM: Eh, io vorrei anche, ma non ho mai registrato il marchio e un supermercato minaccia di farmi causa.
OF: Un supermercato?
BM: Già, hanno creato questo personaggio, un pupazzo dalla testa di uomo ed il corpo di formica gigante, che si chiama come me. Lo usano quando fanno il 3x2 e io in quei periodi lì non posso usare il nome. Mi sono già arrivate due lettere dagli avvocati.
OF: Bene, allora Pino, come si diventa supereroe low-cost?
BM: Beh ci si adatta un po’. Non è che tutti possono permettersi di strillare “Aiuto Batman” oppure “Salvami Superman” e quelli arrivano. Il mondo è pieno di criminali e di situazioni pericolose ed i supereroi più famosi alla fine non ce la fanno a fare tutto. E poi, tipo se ti cascano le chiavi in un tombino, che fai? Chiami l’Uomo Ragno? E quello mica viene. Ha un nome, un prestigio, nel tombino non ci va.
OF: Insomma per questi lavori più umili che nessuno vuol fare…
BM: No, non è una questione di lavori umili. Per quelli c’è tutta una sfilza di supereroi extracomunitari pronti a qualsiasi cosa: l’Uomo Negro, Bangladesh Kid, Wonder Badante e via dicendo. Prendono i lavori che noi supereroi locali non vogliamo più fare.
OF: E allora dove entra in gioco Budget Man?
BM: Beh, anche al netto dei lavoracci più terra terra, c’è comunque un sacco di super domanda e poca super offerta; si è creato un mercato per quelli come me.
OF: Come si attrezza per affrontare la sua giornata?
BM: Le tute me le cuce una mia zia sarta, sono fatte su misura e anche di qualità se vogliamo. Solo che ho comprato questa partita a prezzo scontatissimo da un emporio cinese e ce le ho tutte in lana merinos. Insomma col bel tempo fatico parecchio. Il mantello me lo sono fatto da solo, ritagliando un pezzo di sipario preso da un teatro che è stato demolito.
OF: E tutti i gadget tipici del mestiere?
BM: Roba di recupero. Tutta questa serie di attrezzi vari che vede qui è dismessa da Batman, me l’ha venduta un suo cugino napoletano, ma tanto le iniziali sono le stesse e poi per coincidenza anche io ho un simbolo abbastanza simile al suo.
OF: Un pipistrello nero?
BM: No è un topo con le ali grigio scurissimo; è originale, mica copio io! Poi ho anche una clava di polistirolo e una mazza di poliuretano. Male non fanno, ma quando un teppista mi vede arrivare di gran carriera, sudato come un maiale dentro la calzamaglia pelosa, con una pantegana alata sul petto, in genere scappa a prescindere e fino ad oggi non ho mai avuto bisogno di usarle.
OF: E anche lei come Batman ha un collaboratore fidato?
BM: Ce l’avevo, Saldo Boy, il ri-prezzatore mascherato, l’avevo pure assunto a tempo indeterminato ma con la crisi ho dovuto metterlo in cassa integrazione.
OF: Ci racconti un’avventura che le è capitata.
BM: Una volta un’anziana signora mi ha chiamato per aiutarla ad attraversare la strada: era in grande difficoltà, non si fidava neanche del colore del semaforo perché quasi cieca.
OF: E lei è volato a soccorrerla?
BM: Volato è una parola grossa. Sono andato più svelto che potevo; tre ore e sono giunto sul posto.
OF: Tre ore?
BM: C’era sciopero dei mezzi.
OF: E alla fine, l’ha portata in salvo dall’altra parte della strada?
BM: Certo, dopo che abbiamo concordato il servizio. La chiamata è gratis, ma solo la chiamata.
OF: Ma lei si fa pagare?
BM: E secondo lei come glielo do io da mangiare a Budget Woman e ai miei tre figli?
OF: Beh in tempo di crisi, suppongo sia lecito. Quindi ha preso un piccolo obolo per l’attraversamento?
BM: Sì, ma poi ha voluto anche che le portassi i sacchi della spesa.
OF: E certo, povera vecchina! Ma non le avrà chiesto altri soldi per…
BM: Beh è gratis, ma solo fino a due chili di spesa, poi scatta la tariffa al chilo per la spesa in eccesso.
OF: Insomma alla fine la signora con la sua spesa ha attraversato le strisce?
BM: Sì, ovvio. Dopo che mi ha pagato il contributo per la lettura a voce alta del colore del semaforo, il sovrapprezzo per la presa sottobraccio (è gratis solo se si attraversa senza toccarsi) e il costo di due minuti di conversazione sul tempo e i politici.
OF: Le ha fatto pagare anche quello?
BM: I primi 20 secondi erano gratis, ma quella non si fermava più.
OF: Tutto qui?
BM: No, ho fatto anche a tempo a venderle un gratta e vinci.
OF: Cosa c’è nel futuro di Budget Man?
BM: Ho mandato un curriculum al supermercato, c’ho la raccomandazione di un amico del fratello di Batman; magari mi assumono come formica gigante, ho intravisto il costume ed è fatto di un tessuto leggero. Qui siamo a Marzo e con sto clima impazzito io già non respiro più. E soprattutto mi ripiglio il nome senza scucire un soldo per il marchio.
OF: Budget… Pino, siamo arrivati alla fine dell’intervista, vuole dire qualcosa ai nostri lettori?
BM: Sì, in tempi di crisi come questi, c’è bisogno di supereroi. Non smettete mai di sognare e di credere nei supereroi. Chiamate i supereroi, e loro arriveranno. Sciopero permettendo.




martedì 23 dicembre 2014

Effetto di clima impazzito

Davanti a casa di Oborzo
Sotto una pioggia battente, Oborzo è intento a sistemare alcuni pacchi nella sua macchina.
In quel momento esce di casa Obongova, la fidanzata russa di Obongàn, vicino di casa e, all’occorrenza, simpatico burlone.
- Ciao Oborzo.
- Ciao Obongova, tutto bene?
- Sì. Senti volevo dire io te che… Mi dispiace.
- …?
- Ecco, mi dispiace per tua macchina.
- Ah sì, grazie, ma non è niente di grave.
- Come no? Pioggia acida, effetto di clima impazzito. Mi dispiace.
- …?
- Pioggia ha cambiato colore. Oro andato via. Mi dispiace.
Per il buon Oborzo la conversazione è ora assai surreale al punto che ringrazia Obongova non sa bene per cosa, e mentre lei si allontana, riprende dove aveva interrotto con un grosso punto interrogativo nella testa.

Il giorno prima, in campagna
La sfavillante macchina color oro di Oborzo ha un guasto proprio di fronte a casa dei suoi genitori, in aperta campagna.
Oborzo si fa accompagnare dal meccanico e, visto che la riparazione necessiterà alcuni giorni e dovendo tornare presto in città, si fa prestare la macchina da suo papà; un modello identico in tutto e per tutto, con la sola differenza di essere di color argento anziché oro.
Lasciando da parte facili umorismi per cui il nonno probabilmente ce l’aveva anche lui uguale ma color bronzo, Oborzo riparte verso la città: stessa macchina, colore diverso.
Parcheggia la macchina di fronte a casa giacché l’indomani mattina dovrà caricare dei pacchi e pensa: “speriamo che non piova”.

Pochi minuti prima dell’inizio di questa storia.
Obongàn ed Obongova osservano l’acquazzone che imperversa all’esterno, dalla finestra di casa.
Obongova si prepara per uscire, mentre Obongàn adocchia Oborzo intento a caricare la macchina; per l’occasione quella color argento e non oro. 
Uno sguardo alla macchina, uno sguardo alla pioggia, uno sguardo a Obongova.
La tentazione è forte e il perfido Obongàn coglie la palla al balzo.
- Certo che il clima è proprio impazzito!
- Pioggia sempre viene in inverno.
- Sì, ma il problema non è la pioggia normale.
- Come normale?
- Questa è pioggia acida!
- Cosa vuol dire acida?
- Vieni a vedere. Guarda la macchina di Oborzo, ti ricordi come era tutta dorata?
- боже мой!!! 
- Hai visto?
- Cosa successo macchina di Oborzo? 
- La pioggia acida ha tolto tutta la vernice!
- Terribile! Pioggia acida pericolosa?
- No, no, se ti bagni poco non succede niente, ma la macchina è rimasta tutta la notte all’aperto!
- Mi dispiace tanto.
- Eh, sono gli effetti del clima impazzito.
Obongova seriamente contrita, prende l’ombrello ed esce.

Il giorno dopo
Obongo ed Obongàn si incontrano per caso.
- Oh! Caro il mio Obongàn, come stai vecchio mio?
- Non mi lamento dai.
- E a casa, Obongova?
- Bene grazie, anche se è un po’ arrabbiata con me.
- Cosa hai combinato?
- Ti ricordi come pioveva? Le ho fatto uno scherzo; le ho raccontato che la pioggia acida aveva scrostato la vernice dalla macchina di Oborzo.
- Che scemo! E lei?
- Eh, ci è cascata e sensibile com’è, quando ha incontrato Oborzo, gli ha pure detto che era dispiaciuta per la macchina scolorita per gli effetti del clima impazzito.
- E come è andata a finire?
- Beh, di buono c’è che quando ha scoperto che gli effetti del clima impazzito non sono così violenti si è tranquillizzata; di contro non l’ha presa molto bene.
- Non bene, quanto?
- Abbastanza. Mettiamola così: di buono c’è che ho ancora una fidanzata, di contro ho scoperto che gli effetti del clima impazzito possono essere abbastanza violenti, soprattutto sugli stinchi.


lunedì 15 dicembre 2014

Gran bel pezzo di obonga

Obongo e i suoi amici si ritrovano sempre più spesso a parlare di obonghe, come si conviene ad una banda di adolescenti scoppiettanti di salute e pieni di ormoni.
I più smaliziati possono già raccontare le loro prime interazioni, vere o presunte, tenendo banco in mezzo ad un capannello di altri obonghi rapiti in ascolto.

Un giorno come tanti, una bella obonga transita in corridoio e, passando, dedica un largo sorriso ad Obongassa, di sicuro la tessera numero uno del club degli smaliziati.
Tutti gli obonghi rivolgono increduli lo sguardo verso di lui, in attesa di un cenno di conferma, che prontamente arriva.
Obongassa annuisce con un sorrisino: “Gran bel pezzo di obonga, vero ragazzi?”
Gli amici confermano con commenti di ogni sorta, congratulandosi per la conquista.
Nel vociare si fa allora avanti Obonguti: “Sì carina, dai… ma, ce l’avete presente quella della 5°F?”
Un paio di obonghi si girano immediatamente e uno di loro chiede: “Non starai parlando della…”
“Sì, proprio lei, la Gnoccobonga della 5° F” conferma Obonguti compiaciuto.
Improvviso silenzio: si sente l’eco della “effe” farsi strada fra le facce impietrite dallo stupore.
Tutti gli occhi su Obonguti.
Una voce balbetta timidamente “Tu hai… la Gnoccobonga… tu e la Gnoccobonga?”
“Sabato scorso in discoteca. Limonato sui divanetti. Gran bel pezzo di obonga, vero ragazzi?”
Si rianima il vociare e parte un nuovo giro di commenti eccitati e di congratulazioni per la conquista di pregio.
Seguono poi Obonghillo (sua cugina porcella), Obonghetti (amica di sua mamma) e Obongo (fotomodella brasiliana palesemente inventata, ma con tale forza creativa da risultare credibile all’auditorio).
Tutti con il loro gran bel pezzo di obonga da vantare.
Tutti tranne uno.
Obonghizio.

Un tipo non di bell’aspetto e neanche particolarmente brillante o affascinante: insomma un tipo brutto e pure tonto, ma per certo uno che non si arrende facilmente.
La sua fame di obonghe, ma soprattutto l’idea di avere anche lui qualcosa da dire negli improvvisati congressi fra obonghi, lo spinge verso un inaspettato successo.

Alla prima occasione buona, dopo l’ennesima conquista di Obongassa e la nuova fotomodella svedese di Obongo, prende il coraggio a due mani e attira l’attenzione su di sé.
“Guardate qua”
Ci vuole un attimo perché gli amici capiscano che è lui che ha parlato.
Nessuno davvero se lo aspetta.
“Guardate qua ragazzi”, Obonghizio tira fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
“Ti ha rilasciato la fattura?” sibila un sarcastico Obonghillo, generando una risata generale.
“Ridete, ridete. Questa è la foto della mia ragazza”.
Dopo un primo momento di incredulità, gli obonghi curiosi acchiappano la foto e la fanno girare.
Ebbene sì: la foto ritrae Obonghizio abbracciato ad una ragazza dal corpo sinuoso e ben fatto.
Chi sia la coraggiosa dalle belle forme, però, non è dato saperlo.
Obonghizio ne ha opportunamente ritagliato la faccia e non per motivi di privacy o di cavalleria.
Riconoscibile per via della borsetta rosa shocking sopravvissuta al ritaglio, il corpo in questione viene comunque associato alla faccia di Racchiobonga, non senza qualche difficoltà.
Le fattezze del viso della ragazza avevano infatti sempre scoraggiato gli obonghi dal perlustrare sotto l’altezza del suo mento, dove in effetti qualche motivo per guardare c’era anche, se si era riusciti a superare lo scoglio dei connotati (la metafora dello scoglio non è casuale).
Obonghizio fiero come non mai si riprende la foto del 75% della sua ragazza e se la rimette in tasca soddisfatto.

Mai nessuno come lui quel giorno, fra tutti gli amici conquistatori o presunti tali, ha avuto ragione di esclamare: “Gran bel pezzo di obonga, vero ragazzi?”


domenica 7 dicembre 2014

Balla che ti passera

Al fine di trovare Obonghe disponibili, l’Obongo single si impegna in mille e più una attività, non lesinando all’occorrenza buone dosi di sforzo fisico.
Ecco una carrellata di alcuni dei modi in cui questi novelli passeri solitari sono pronti a mettersi in gioco pur di trovare la loro solitaria controparte.

Le palestre
Le palestre sono da sempre un ricettacolo di single di nuovo e lungo corso.
Prendiamo un Obongo che è stato scaricato di recente, dopo una confortevole relazione durata molti anni in cui il movimento più intenso in cui si produceva era la combinazione “apri frigo, versa birra”; colpa di una fidanzata indulgente che non prestava più caso al coefficiente α-Adiposo stabilizzatosi nel tempo sull’aumento di un chilo ogni due mesi.
Passato il periodo di elaborazione del lutto, prende la fatidica decisione: si iscrive in palestra per rimettersi in forma e aumentare le chance di avvicinare nuove Obonghe.
Trattandosi spesso di un novizio alla sua prima esperienza fra manubri e bilancieri, il commerciale di turno non fatica a vendergli un pacchetto completo a base di body, step, fit, aero, cardio, hip, hop, vascular, kickbox fino ad arrivare, in casi estremi, alla capoeira e al deltaplano.
Tipica in questi casi l’imprescindibile affiliazione al corso di tendenza; l’ennesimo mix di musica ed esercizi ginnici dal nome colorito e attraente, tipo Pilates, Zumba, GAG, Fist-Pump o Gronka.
Il corso è sempre tenuto da un pluridecorato campione con esperienza decennale, nonostante la nuova disciplina sia stata inventata di sana pianta solo un paio di mesi prima da qualche furbo pubblicitario per rinfrescare un po’ l’offerta, sposando una volta ancora marketing, ritmo e moda.
L’Obongo ammaliato dalle tutine colorate e aderenti delle saltellanti Obonghe in sala non fa caso a questi dettagli e suda contento per ore con un solo obiettivo in testa.
Non appena trovata la passera solitaria inizia a diradare le presenze in palestra per tornare a dedicarsi soddisfatto alla routine frigo-birra e riportare il coefficiente α-Adiposo all’antico splendore. 

Balli latino americani
Altro porto di mare che accoglie Obonghi single alla deriva e smaliziati cacciatori sono i balli latino americani.
La domanda che l’Obongo single si pone in questo caso è: “Dove potrei trovare un branco di passere solitarie che sappiano danzare sinuosamente e allo stesso tempo si lascino toccare senza che manco debba presentarmi prima e, soprattutto, al riparo da una denuncia per molestie?”
“Ah, dimenticavo: coniugando il tutto con la mia smisurata e disinteressata passione per i balli latino americani?”
La risposta sono ad esempio la salsa e il tango, balli nei quali l’Obongo single può avventurarsi in strusciamenti più o meno audaci con perfette sconosciute, eliminando tutta quella seccante trafila in cui dovrebbe prima convincere la controparte a farlo: gli basta presentarsi in una sala piena di gente con la stessa passione e infilarsi nel mezzo.
Seguendo questa invitante prospettiva chi sceglie, ad esempio, la salsa si butta in pista e inizia a ricopiare i passi proposti dal maestro Pedro Alvarez Obongòn a velocità sempre crescente. Raggiunto un livello accettabile nel mulinare i piedi ed ondeggiare le anche, è pronto per far roteare un’Obonga dietro l’altra, di qua e di là, di sopra e di sotto, acchiappandola nella maniera che ritiene più conveniente.
Gli addetti ai lavori sostengono che il tango sia un po’ più raffinato; forse il passo non altrettanto esagitato garantisce un ballerino mediamente meno sudaticcio. Il tanguero poi, affermano le tanguere, è un po’ come un karateka che combatte in tre quarti: per ogni nuovo passo che padroneggia, guadagna una cintura di un colore diverso facendo aumentare le sue quotazioni presso le Obonghe, le quali lo considerano, livello dopo livello, un ballerino interessante, un ballerino di qualità, un ballerino figo e, infine, al culmine del suo percorso artistico, il padre dei loro figli.
I balli latino americani presentano una percentuale di abbandono inferiore rispetto alla palestra.
Una volta scoperto che funziona, l’Obongo inizia ad affinare la tecnica e con l’affinamento della tecnica si appassiona per davvero al ballo per via della facilità con cui conquista sempre più passere solitarie.

La discoteca
L’attività da single per antonomasia resta però la discoteca.
Indicata soprattutto agli Obonghi che non hanno niente da dire ad Obonghe che non hanno alcuna voglia di ascoltarli, anche per via dell’assordante tunz tunz tunz di sottofondo.
In particolare, in questa sede ci occuperemo del grinding.
Questo ballo (ballo?) è nato dalla cultura (cultura?) hip-hop del mondo anglosassone.
Per l’Obongo single è l’attività in assoluto meno dispendiosa in termini calorici.
Consiste nel pagare un biglietto di ingresso in discoteca e, ad una certa ora, addentrarsi in pista.
L’unica preoccupazione vera dell’Obongo interessato al grinding è quella di accertarsi di essere in una discoteca frequentata da donne con scarsissima autostima (ma se vi trovate nel mondo anglosassone questo non dovrebbe riuscirvi difficile) e che l’ora sia tarda, in modo che le suddette abbiano già consumato l’equivalente alcolico di una squadra di rugby che festeggia i play-off (ma se vi trovate nel mondo anglosassone questo non dovrebbe riuscirvi difficile).
Per altro tali Obonghe sono individuabili con disarmante facilità: vestite come gli incarti dei regali di Natale, prorompono in risate che producono gli stessi decibel di un aereo in decollo e perdono l’equilibrio ogni due passi, finendo gambe all’aria e attirando l’attenzione di tutti i presenti per via del perizoma in vista o dell’assenza del medesimo.
Una volta giunto il momento propizio, l’Obongo si posiziona in piedi vicino a cotali signorine.
Le signorine, una volta rilevata la presenza dell’Obongo, registreranno mentalmente anche la presenza di un nuovo apparato genitale maschile nel loro raggio d’azione ed entro breve tempo vorranno constatarne l’effettiva disponibilità sfregandoci sopra le terga con vivace energia.
Come palline impazzite in una roulette che gira, quando le chiappe dell’Obonga in perlustrazione si fermano sul numero dell’Obongo prescelto, ecco che nasce un amore.
Adatto a quegli Obonghi che non fanno molto caso se la solitaria di turno è una passera, una cernia o un armadillo, il grinding non genera quasi mai rapporti duraturi.
Al risveglio dopo una notte di passione infatti la passera solitaria volerà via quatta quatta dall’Obongo che l’aveva temporaneamente conquistata, chiedendosi smarrita come tutto ciò sia potuto succedere, lei che in genere seleziona i partner per il loro pedigree reale e numero di titoli accademici collezionati.

La fragilità delle relazioni amorose instaurate attraverso il grinding in discoteca spingerà alla fine l’Obongo solitario verso qualche ballo latino americano o, peggio ancora a tornare in palestra per iscriversi ad un corso.
Di Gronka.

lunedì 24 novembre 2014

Il giorno in cui Obongo restò di sasso

Il piccolo Obongo ha dieci anni e ogni tanto va da solo a giocare sulla spiaggia.
Uno sei suoi passatempi preferiti è raccogliere sassi di varie forme per poi scagliarli in acqua nei modi più disparati ed annotare i risultati su un taccuino: un hobby a cavallo fra la geologia, la fisica e la disperazione di non avere un amichetto con cui fare qualcosa di meglio.
Ecco cosa gli successe un bel giorno.

Obongo passeggia con il taccuino sotto il braccio ed inizia la sua ricerca andando a caccia di pietre lisce e levigate, quelle da lanciare con movimento parallelo al terreno con l’obiettivo di farle rimbalzare sull'acqua.
Una volta raccolti un po’ di discoidi di varia forma e colore, Obongo passa all'azione ed inizia quelli che per lui sono esperimenti scientifici e che il resto del mondo chiama invece “giocare a rimbalzello”.
Dopo ogni lancio annota dimensioni del proiettile, angolo di incidenza, propulsione applicata, etc.
“Alla luce dell’esperimento condotto, posso concludere che il sasso con un diametro di circa 3,5 centimetri, lanciato con leggero effetto a salire ed angolo di incidenza di poco inferiore a 180° offre il maggior numero di rimbalzi anche in condizioni di mare increspato.”

E’ poi la volta dei ciottoli di forma sottile e allungata.
Questi oggetti affusolati sono più rari da trovare ed Obongo fatica un po’ prima di collezionare un certo numero di esemplari: finalmente può iniziare i suoi test e trascrivere i risultati.
“Il sasso affusolato è difficile da lanciare; per un risultato ottimale impugnarlo dal baricentro e mirare dritto controvento con un angolo di poco superiore ai 45°. Assicurarsi che il sasso superi i 40 grammi di peso ed evitare ossi di seppia e sassi spugnosi che non offrono adeguata resistenza e vanificano l’esperimento”.

Obongo adocchia poi due grosse pietre e decide, nonostante non sia esattamente forzuto, di includerle nell'esperimento per amore della scienza.
Ne ammucchia qualche altra di dimensione altrettanto importante e fa qualche tentativo.
“Per lanciare sassi di dimensione superiore ai 10 centimetri di lato è necessario usare una tecnica simile a quella del lancio del peso; se il sasso supera i 20 centimetri allora è decisamente più agevole una presa bassa con due mani. Scagliare il sasso dopo alcune oscillazioni avanti e indietro per ottimizzare lo slancio. Fare attenzione alla schiena.”

Obongo ha terminato la sua redditizia giornata e sta per tornare a casa.
Sulla strada si lascia però incuriosire da alcuni sassi dalla forma strana, quelli di difficile catalogazione; vuole provare qualche altro lancio, giusto per rendere più completa la sua indagine.
In particolare, ne scorge uno scuro, sul bagnasciuga, di un materiale che non gli sembra di riconoscere, nonostante ormai ne abbia visti di tutti i tipi.
La forma è accattivante, aerodinamica e allungata, ma non sottile, robusta al punto giusto; il sasso ha sicuramente un peso ideale per una lunga fase aerea.
Sembra perfetto e Obongo non se lo fa sfuggire, pregustandosi un lancio di almeno una decina di metri.

“I sassi dalla forma strana vanno analizzati con cautela. Ancora prima di lanciarne uno o anche solo di raccoglierlo fare molta attenzione al materiale di cui è composto per evitare inconvenienti. Importante: non raccogliere sassi dalla forma strana se è appena passato un grosso cane”.



giovedì 13 novembre 2014

Il Bivio di Eskathlon

Nella piana di Herf Gottlon.
- Lord Obongus, ci siamo persi?
- Flökkerog, mio fedele amico, ci accamperemo qui per la notte e proseguiremo con la luce del giorno.
- Ma la piana di Herf Gottlon è piena di creature del buio! È troppo rischioso!
- Non temere Flökkerog. Vedi questo anello amico mio?
- Sembra un comune Quarzo di Kummon, è identico a questo che porto sempre con me; ecco mio signore, non sembrano lo stesso anello?
- Mio ingenuo Flökkerog! Questo è un anello magico di Swimma-Brok, donatomi dal mago Higgerod.
- Higgerod il supremo?
- Sì, proprio lui. Questo anello rende invisibile chi lo porta e chi gli sta vicino. Tieni, conservalo per me, domani ne avremo bisogno. Ora prepara l’accampamento Flökkerog.
- Dove andremo mio signore?
- Ritroveremo la retta via, fino ad arrivare alle lande di confine e oltre, fino al Bivio di Eskathlon.
- Quello che a destra porta al giardino delle Gnokkans le locandiere lussuriose che offrono massaggi al viandante?
- Sì, ma noi andremo a sinistra dritti verso la terra dei Trucidor, i malvagissimi demoni che succhiano il midollo all’incauto viandante.
- Sicuro mio signore… sinistra?
- Certo Flökkerog, esiste forse un'altra possibilità nella strada per la gloria?
- Ovviamente no, anche se valutando oggettivamente…
- Bene, mi piace saperti deciso e pronto a qualsiasi sacrificio. Ora dormi, che domani si parte all’alba.
- Buona notte Lord Obongus.

La mattina al Bivio di Eskathlon.
- Eccoci al bivio Flökkerog, ci stiamo per addentrare nella terra dei Trucidor.
- Certo Lord Obongus… Anche se già che siamo un po’ in anticipo, magari potremmo fare un salto…
- Ci spingeremo oltre il bosco del non ritorno, fino a Glendaraan per ricongiungerci con le gilda dei ribelli con la mazzafionda.
- Glendaraan è un gran bel posto certo, anche se ho sentito che la gente è un po’ freddina e non si mangia un granché bene, e poi…
- Una volta insieme agli altri saremo pronti per la battaglia finale contro i Brog-Vel-Dom, i cannibali tritura-umani assetati di sangue, che da anni si divertono a trucidare il nostro popolo; gente come me e te, brutalizzata, torturata e poi uccisa nei modi più bizzarri e sanguinolenti!
- Infatti; a tal proposito pensavo mio signore che prima della battaglia si potrebbe…
- È ora di andare Flökkerog, mio valente amico!
- E se facessimo un salto veloce? Giusto un idromele al banco? Poi acceleriamo un po’ il passo e…
- Ora passami l’anello e stammi vicino, così i Trucidor non si accorgeranno del nostro passaggio.
- Ecco l’anello Lord Obongus.
- Eh eh eh, la potenza dell’anello di Swimma-Brok è micidiale! Non ti vedo già più Flökkerog, sembra che ti sia volatilizzato nel nulla. Questo anello è prodigioso; se non sapessi che è l’effetto della magia mi verrebbe quasi da pensare che te ne sia andato per davvero! Ahahah, che portento questo anello! E se io non vedo te, di sicuro quell’enorme Trucidor armato di ascia a tre teste non può vedere me… povero fesso! Gliela facciamo sotto il naso, gli passiamo davanti senza che si accorga di niente. Certo se solo ci vedesse non avremmo scampo e… 

... SSSCHHOKKKK... SPACKKKK... AAAAHHHH... tonf.

Dopo poco, nel giardino delle Gnokkans.
- Venereah guarda l’anello che mi ha regalato l’elfo l’altro giorno.
- Ma sembra un comunissimo Kratter, come questo che porto al dito, guarda.
- Eh no, no. Questo è stato forgiato dal mago Higgerod.
- Higgerod il supremo?
- Sì proprio lui. Questo quando lo indossi ti fa perdere cinque chili e ti fa crescere le tette della taglia che vuoi tu!
- Ah Zyrconia! Ne voglio uno anch’io. Hai il numero dell’elfo?
- Eh no, l’elfo non me lo tocchi; parla con il tuo amico gnomo va, che sicuramente se lo può permettere.
- Zyrconia?
- Sì, Venereah?
- Lo so che qui ci siamo solo io e te e che siamo a un paio di metri di distanza, ma sei tu che mi stai toccando il sedere?


giovedì 6 novembre 2014

Professionista!

Obongo, Obocu e Obongazio si incontrano per trascorrere insieme la serata.
Cena in ristorante bagnata da ottimo vino e conclusa con il dovuto quantitativo di digestivi; è il momento di proseguire verso la discoteca.
Obocu però mostra segni di cedimento; la stanchezza accumulata il giorno prima gli sta presentando il conto e preferirebbe andare a dormire.
Sfortunatamente per lui, i tre hanno fatto equipaggio nella macchina di Obongazio e sono ormai vicinissimi alla discoteca; Obocu fa buon viso a cattivo gioco e prosegue la serata “Se proprio crollo dal sonno, mi sdraio sul sedile di dietro e dormo, poi al ritorno guido io tanto stasera non bevo”.

Si avviano.
Obocu, come previsto, finisce le energie quasi subito e si ritira in buon ordine nella macchina di Obongazio a pisolare, in attesa del ritorno degli altri due.
Obongo ed Obongazio invece se la spassano alla grande, ingollando un drink dopo l’altro, complice la presenza di un vecchio amico al bar che glieli elargisce gratuitamente.
Dopo appena un’oretta i due sono cotti al punto giusto e dopo una lunga serie di mojito si buttano in pista.
La quantità di alcool ingerita è tanta e saltellare come due invasati li aiuta a smaltire almeno il minimo essenziale prima di rimettersi in strada.
L’ora si fa tarda e i due tornano alla macchina per trovare Obocu, il guidatore designato, rannicchiato in posizione fetale sul sedile di dietro, immerso in una sorta di coma: qualche colpetto sulla schiena al quale non fa seguito nessuna reazione motoria, evidenzia subito che il sonnolento amico non ha nessuna intenzione di aprire gli occhi, condizione imprescindibile per chi deve guidare.
Ora, alla luce dei dati raccolti in tanti anni di feste e relative attività alcoliche vissute insieme, i due sanno bene che Obongo al netto di una pinta di birra dà molte meno garanzie di Obongazio dopo una bottiglia di whisky: quest’ultimo non ha altra scelta che mettersi al volante.

“Ce la fai?”
“Sì, sì.”
“Vuoi che guidi io?”
“No, preferisco vivere.”

Obongazio parte e si fa forza pensando che alle quattro del mattino su quel pezzo di strada la polizia non l’ha mai vista. Con suo sommo disappunto, gli bastano pochi chilometri per vederne anche troppa, manco fosse la serata in cui vengono effettuati in un’unica soluzione tutti i controlli stradali dell’intero mese, per far quadrare la media giornaliera. Una dozzina di auto pattuglia scorta Obongazio ed un lungo convoglio di altre vetture incolonnate, verso un punto poco più avanti, dove gli autisti sono attesi dall’inesorabile prova dell’etilometro.

Parcheggiati in attesa del loro turno, vengono raggiunti da un agente munito di pila, per un primo controllo dell’autovettura.
La scena è surreale.
Costui punta la luce dritta in faccia a Obongo ed Obongazio.
I due prima strizzano gli occhi abbagliati, poi ricambiano con un divertito sorriso (o la smorfia alcoolica equivalente).
L’agente dirige allora la luce verso il retro, dove giace Obocu avvolto nel suo sonno imperturbabile, a bocca aperta e con un po’ di bava che dalla bocca cola sul sedile.
“E quello lì? Cosa gli avete fatto?”
I due spiegano che Obocu è solo vittima di troppa attività sportiva e poco sonno, ma che è vivo, sta bene e non è sotto effetto di droghe.
L’agente però non sembra convinto e inizia a dare colpetti con la torcia ad Obocu, il quale questa volta per fortuna reagisce agli stimoli con un sussulto scomposto, tira una bestemmia commista ad uno sbadiglio, per poi effettuare una rotazione del corpo di 180° e ricominciare da dove era stato interrotto.
“È vivo, vede agente, gliel’avevo detto” esclama Obongo assertivo (o l’equivalente alcoolico), mentre Obongazio riesce nella sopraffina impresa di ridere per questa inopportuna osservazione con la sola parte destra del viso, quella rivolta verso il suo amico, e contemporaneamente a contrarre la parte sinistra, quella rivolta verso l’agente, in una smorfia di disapprovazione.
“Lo scusi agente, ha bevuto un po’ troppo.”
Obongo sorride con gli occhi all’agente accostando indice e pollice nel gesto di “solo un pochino, così”.
“Favorite un documento.”
Obongazio porge la patente, Obongo porge la carta di credito.
“Questo non è un documento!”
“Come no, agente? C’è scritto il mio nome sopra, io mi chiamo proprio così: O ß Ø N ¥ G § H Ô” biasciando le lettere in un bizzarro spelling mentre cerca di indicarle con la punta dell’indice.
Vedendo la pazienza dell’agente messa a dura prova, Obongazio intercede mettendo ordine in tutta la storia: il guidatore doveva essere Obocu e Obongo non aveva preso con sé documenti sapendo di non averne bisogno per non portarsi appresso cose inutili in discoteca.
I punti credibilità guadagnati da Obongazio, rivelatosi l’unico in grado di sostenere una conversazione articolata con l’agente, non bastano però a evitargli l’etilometro.
Conscio di quanto ha trangugiato durante tutta la serata si avvia mesto, dà un ultimo sguardo alla macchina convinto di doversene presto separare, sapendo che le possibilità di risultare sotto il limite di 0,50 previsto dalla legge al momento sono pari a quelle di Obongo di distinguere la carta di credito da quella d’identità.
Obongo lo saluta con la manina dall’abitacolo con uno sguardo preoccupato (o l’analogo alcoolico equivalente) mentre ripone in tasca la carta di credito.

Dopo qualche minuto Obongazio è di ritorno.
Si infila in macchina, allaccia la cintura e mette in moto.
“Scappiamo? Guarda che ci inseguono e poi ci arrestano.”
“No, no, tranquillo; tutto a posto.”
“A posto cosa? Hai fatto il record? Hai vinto un peluche?”
“No, tutto a posto… Davvero.”
Obongazio ridacchia tra sé e sé.
Obongo non sta più nella pelle “Quanto hai fatto?”
“0,49.”

La voce della presunta salma dal sedile di dietro rompe il silenzio: “Professionista!”




giovedì 30 ottobre 2014

Intervista a Serio Caso

Sulle pagine di Obongo Forever il famoso complottista e autore del best seller internazionale "È davvero caldo? La storia segreta del Sole".

OF: Dottor Caso, il suo libro ha scatenato parecchie reazioni nel mondo scientifico.
SC: Sapevo che sarebbe successo.
OF: Intende le stroncature per avere messo in dubbio che il Sole scaldi la terra?
SC: No, parlavo degli Xorgon, hanno un piano per eliminarmi [Parla sottovoce guardandosi alle spalle].
OF: Gli Xorgon?
SC: Sì, una razza aliena che vive tra noi. Quasi tutti gli scienziati sono Xorgon sotto false sembianze.
OF: ...
SC: Il loro scopo è controllare le masse attraverso la propaganda scientifica, le multinazionali farmaceutiche, gli OGM e le scie chimiche.
OF: Anche quelle...
SC: ... certo non penserà mica che le scie chimiche siano condensa lasciata dalle turbine degli aeroplani, vero?
OF: No?
SC: AHAHAHAH! [Ride violentemente, poi si ferma di scatto; fa una pausa ad effetto] No, le scie chimiche nascondono un disegno terribile e molto sottile.
OF: La teoria secondo la quale sarebbero in realtà dei gas rilasciati nell'atmosfera da misteriosi emissari per alterare il clima a loro vantaggio... è questa la sua opinione?
SC: AHAHAHAH! [Replica la teatralità di cui sopra] No, ovviamente no.
OF: Di cosa si tratterebbe allora?
SC: Le scie chimiche sono un diversivo per sviare l'attenzione delle masse da quello che succede ogni giorno nelle stanze dei potenti.
OF: Insomma di cosa si tratta?
SC: Condensa lasciata delle turbine degli aeroplani.
OF: [Faccia perplessa] ...
SC: Le lobby della finanza manipolano chi fa controinformazione ai mass-media, cercando di convincere quelli che non sono convinti dalla spiegazione ufficiale, che si tratti di scie chimiche, che in realtà sarebbero scie chimiche se non ci fosse un complotto di più ampio respiro in atto, del quale le scie chimiche sono solo una maschera per sviare l’attenzione dalle scie chimiche.
OF: Ecco: allora è condensa delle turbine, quindi non c'è nessun complotto?
SC: [Aguzza lo sguardo, mi esamina] Lei lavora per le lobby della finanza.
OF: No, sono disoccupato e faccio interviste per Obongo Forever.
SC: Non avrei mai pensato che sarebbero arrivati a tanto. [Mi punta una lucetta blu sulla fronte]
OF: Ma cosa fa?
SC: Era necessario, dovevo verificare che non fosse uno di Loro.
OF: Loro chi???
SC: Uno Xorgon che lavora per le lobby della finanza; gli Xorgon esplodono se si centra il punto esatto della loro fronte con un fascio laser al cobalto.
OF: Mi ha puntato un laser sul cranio?
SC: Non è contento? Ora sa di non essere uno Xorgon.
OF: Lo sapevo già prima!
SC: Non si è mai troppo sicuri.
OF: Ma si rende conto che se mai questi Xorgon esistessero e io fossi stato uno di loro, sarei esploso e lei con me?
SC: AH! Nega che esistano! Proprio come farebbe uno Xorgon [tira fuori due laser].
OF: Ok! Ok! Esistono, esistono! Metta via quei marchingegni e proseguiamo per favore.
SC: Ci guardano… Ci spiano… Noi siamo solo pedine nel loro disegno supremo per impadronirsi della terra e farne un giardino pensile… L'assassinio di Kennedy, le Torri Gemelle, i numeri 27 e 38: ovvio, non trova?
OF: [scrivo 38 e disegno cazzetti dentro gli occhielli dell'8] Certo, la prego, illumini anche i nostri lettori.
SC: Kennedy era uno Xorgon, ucciso da altri Xorgon per via del fatto che voleva tradirli ed organizzare una rivolta degli umani contro la sua stessa specie. Se si ascolta il suo ultimo discorso al contrario, andando avanti veloce fino al minuto 27 e poi al minuto 38 si sentono nitidamente le parola "big" e "apple": dico io, abbiamo bisogno di altre prove?
OF: [aggiungo ciuffetti sparsi al mio capolavoro] Per me basta e avanza: provi a convincere i più scettici, per favore.
SC: Volentieri. Il riferimento è ovviamente alla nota corporation che sarebbe nata negli anni a venire (gli Xorgon possono prevedere il futuro) il cui simbolo è una mela morsicata... ma chi è la "big apple" che è stata "morsicata" negli anni recenti?
OF: New York?
SC: Esatto! E quando è successo?
OF: 9/11 del 2001?
SC: Esatto! Con il 27 di prima facciamo 2+7 e otteniamo il 9, poi facendo 38-27 otteniamo 11 e per concludere facciamo la radice quadrata di 9 e moltiplichiamo per 23 e 29 che sono i numeri primi più vicini a 27 e cosa otteniamo? Me lo dica lei: cosa otteniamo?
OF: [distolgo la penna dal mio patchwork di pistolini] Ehm, cosa otteniamo?
SC: 2001! DUEMILAEUNO! (*) Coincidenze? SOLO coincidenze?
OF: Sia mai, mi sembra lampante evidenza.
SC: Appunto le prove inoppugnabili sono di fronte a tutti noi… [seccatissimo] ma… ma cosa fa, la smetta!
OF: [mettendo via la lucetta blu] Mi scusi, ma con gli Xorgon non si è mai troppo sicuri.

(*) Se hai fatto il conto, sei uno Xorgon.

domenica 26 ottobre 2014

Lo gnomo invisibile


Nel mondo degli gnomi 
c’è una valle piena di gnomi
con un bosco pieno di gnomi
e cosa fanno ivi gli gnomi?
Con il sole del mattino essi giocano a nascondino.

C’è lo gnomo bianco, lo gnomo nero, lo gnomo bugiardo e lo gnomo sincero
lo gnomo rosso, lo gnomo giallo, lo gnomo dotato detto “gnomo-cavallo”
lo gnomo normale, lo gnomo strano, lo gnomo basso e quello nano
lo gnomo tonto, lo gnomo astuto, lo gnomo sbarbato e quello baffuto.
Ecco Mario lo gnomo e Rossi lo gnomo, loro son proprio gnomo e cognomo 
infine arriva lo gnomo invisibile, che a nascondino è uno gnomo imbattibile.

Si procede alla conta ma è un imbroglio e si sa, su quale gnomo la scelta cadrà
lo gnomo tonto si fa fregare, e come al solito comincia a contare
e come sempre la storia è scritta, lo gnomo tonto verso la sconfitta
lo gnomo invisibile li libera tutti, gnomi belli, buoni e brutti.
Ma una vendetta serba nel cuore, veder l’invisibile capitolare
se solo potesse, se solo capisse, come far per poterlo beccare...
Allora una idea ignomile pensa testè per come prendere del gioco il re
egli dice impassibile: “Tana invisibile per lo gnomo invisibile!”

Lo gnomo invisibile assai presuntuoso si sente toccato e urla furioso
da un cespuglio esce e inizia a sbraitare: “la tana invisibile non è regolare!”
Lo gnomo tonto non fa una piega e molto svelto all’altro spiega: 
“La tana invisibile non è un’invenzione, in quanto rispecchia la tua condizione
perciò accetta la situazione, sei stato beccato ex-gnomo campione!”

Lo gnomo invisibile è stato fregato da uno gnomo un po’ ritardato
ma il campione messo alle corde, ha a sua volta un’idea e non demorde
“Sì, gnomo tonto, tu mi hai scovato ma ho il sospetto tu abbia imbrogliato
rispondi allora: in quale posto, di questo bosco, io stavo nascosto?” 

Lo gnomo tonto preso in contropiede ha un sussulto e retrocede
poi ricorda: “Dietro il cespuglio!” in un sollevato confuso farfuglio
“Ecco sapevo che avevi imbrogliato” incalza l’altro ancor più arrabbiato
“al cespuglio io stavo innanzi e non di dietro come tu avanzi!” 

Confuso, bloccato e appunto intontito, l’altro lo guarda un po’insospettito
poi di colpo un mite sorriso, appare sul volto del suo pallido viso
comprende ora la situazione e l’affronta quindi con determinazione 
esclama infatti il povero tonto: “Vabbeh, ho imbrogliato adesso riconto”


Gnomo e cognomo li ho presi in prestito da una barzelletta, il resto è tutta opera mia


mercoledì 15 ottobre 2014

Scardinami se sei un vero uomo

Obongo e il fai-da-te vivono su pianeti orbitanti in galassie diverse.
Senza andare a scomodare la costruzione di oggetti in legno o la saldatura di altri oggetti in metallo, Obongo ha seri problemi a piantare un chiodo senza massacrare una parete o un pollice.
Ecco la storia del giorno in cui si è trovato a dover sfilare una porta dai cardini.

Obongo telefona al suo amico Obongrisolo, un vero e proprio guru per questo tipo di faccende; costui, che è in grado di costruire senza utensili una fedele riproduzione in scala della torre Eiffel con stecchini e vecchie catenelle, spiega ad Obongo che “sfilare una porta dai cardini” non rientra neanche nella categoria del fai-da-te, ma si colloca come grado di difficoltà di poco al di sopra ad “aprire una porta”.
Forte di questa rassicurazione, si fa spiegare il metodo.
Ora per qualche ragione, esiste una sorta di semplicissimo linguaggio con il quale comunicano coloro che sanno molto di una particolare materia, linguaggio che risulta al contempo astruso e inaccessibile a tutte le altre persone; nel caso di Obongo il fai-da-te-ese è una derivazione dialettale del Venusiano.
“Spingi su”, “Fai perno sotto”, “Senti un CLAC”, “Dai un colpetto e viene via”; queste istruzioni apparentemente a prova di scimmia ammaestrata vengono ascoltate con cura da Obongo, che le annota mentalmente.
Chiusa la conversazione e giunto di fronte alla robusta anta con la cautela di chi non si sente particolarmente sicuro di quel che fa, Obongo spinge su e fa perno sotto ma il CLAC non si decide ad arrivare; e i colpetti senza l’agognato CLAC non sortiscono alcun risultato tangibile.
In sostanza: Obongo è rosso come un peperone mentre gli sembra che l’intera stanza sia cementata alla porta che non si muove di un millimetro.
Un’oretta di tentativi spostano solo l’umore di Obongo da insicuro a incazzato mentre la porta, nonostante i colpetti e qualche percossa più seria, ancora resiste immota e ben connessa ai cardini.
Obongo desiste.

Il giorno dopo, mentre è al lavoro, l’amico Obongrisolo gli manda un messaggio dicendo che è passato da casa sua e ha rimosso la porta.
Tempo di esecuzione, tre secondi.
Obongo adesso è davvero basito: come ha fatto quell’ometto da solo a tirare via quel masso rettangolare vetrato mentre lui, con una stazza ben superiore e muscolatura in ordine, non ne ha scalfitto la posizione di manco un micron?
Si fionda a casa di Obongrisolo e chiede delucidazioni.
“Come hai fatto?”
Obongrisolo acchiappa una porta qualsiasi per le maniglie e mostra la tecnica: “Spingi su”, “Fai perno sotto”, “Senti CLAC”, “Dai un colpetto e viene via”.
La porta sta per cedere obbediente quando Obongrisolo ferma l’azione.
“Ma la devo prendere per le maniglie?”
“Eh certo, perché non dirmi che sei così pirla che stavi cercando di sollevarla dall’alto” [Se la ride]
“Maniglie…” Obongo annota mentalmente anche il nuovo dettaglio, mentre trattiene gli improperi; poi ringrazia l’amico per il celere intervento e si dilegua mesto verso casa.

Giunto a casa osserva una delle altre porte ancora ben attaccata ai suoi cardini.
La porta lo osserva a sua volta.
Obongo ricambia lo sguardo, con uno più intenso.
La porta gli sussurra “Scardinami, se sei un vero uomo”
Obongo passa all’azione.
Si avvicina e riproduce alla perfezione il gesto imparato da Obongrisolo, afferrando la porta impertinente per le maniglie e bilanciando il peso con mossa da esperto: “Spingo su”, “Faccio perno”, “CLAC”, “Un colpetto e…”
Come afferrata dalla mano di un gigante la porta viene sfilata dai cardini in maniera netta con un gesto fluido e rapido.
Tempo di esecuzione, tre secondi.
Ai quali seguono altri dieci secondi in cui Obongo, sorridente come non mai, pensa di essere entrato nel club degli eletti genialoidi in grado di compiere un simile miracolo.
L’euforia svanisce quando la forza di gravità che sta stancando le sue braccia gli rammenta che ha in mano una porta che stava molto bene dov’era e non andava di fatto sfilata, ma lasciata in pace.
E se Obongo per il fai-da-te ha una predisposizione assai limitata, ha invece la spiccata abilità di capire quando si è messo in una situazione del cacchio.
Con le sue mani.
Le stesse che hanno sfilato quella grandissima stronza della porta che gli sta ora sussurrando “Rimettimi nei cardini, se sei un vero uomo”
Obongo tenta e ritenta come meglio può, ma l’improvvisazione è proprio il caso di dire, non lo porta da nessuna parte.

Obongo telefona nuovamente a Obongrisolo.
“Ho un altro problema”
Segue riassunto degli ultimi sciagurati eventi, dalla fugace gloria fino alla seguente ora spesa nel tentativo di rimettere la porta a posto.
Segue risata di Obongrisolo che dopo svariati minuti di ameni sfottò è pronto per rispondere alla richiesta di aiuto di Obongo.
“Tranquillo, rimetterla su è una fesseria”
“Spiegami cosa devo fare”

“Spingi giù”, “Fai perno”, “Senti CLIC”, “Dai un colpetto e la metti su”



sabato 4 ottobre 2014

Un anno esatto

Obongo si trova a Dubai.
Durante la sua permanenza fa conoscenza con Amhed Obong, un uomo d’affari locale che gli propone di cenare insieme per poi visitare il più grande centro commerciale del mondo.
Arrivati nella mastodontica struttura, i due scelgono il posto dove andare a mangiare.
Le possibilità sono tante e Obongo, in qualità di ospite, viene invitato a scegliere.
“Se per te va bene, mangerei volentieri un hamburger.”
“Ottima idea, però evitiamo i fast food, ok?”
“Oh sì, intendevo un hamburger buono, di qualità, in un ristorante carino; niente fast food, perfetto!”
“Io non mangio in un fast food da un anno esatto” Amhed Obong si batte le mani sulla pancia soddisfatto “e intendo continuare così: quella roba fa male.”
La precisazione è legittima, pensa Obongo, il quale pensa che se anche Amhed Obong ha visto la luce abbracciando la via del cibo sano, dovrebbe darsi una regolata sulla quantità con cui lo consuma, come si evince osservando le rotondità che fanno capolino da sotto la sua camicia.
I due consultano la mappa interattiva di tutti i ristoranti del centro commerciale quando Amhed Obong riconosce il marchio VibraBurger: “Ah, questo me l’ha consigliato la mia ragazza, mi ha detto che si mangia benissimo; proviamolo!”
Obongo non avendolo mai sentito prima accetta volentieri, nonostante il nome non lasci presagire una particolare qualità della proposta.
I due si avviano verso il locale.
All’arrivo è assolutamente evidente che VibraBurger è una catena di fast food, che si differenzia dalle altre solo per il fatto che una volta ordinato, il cliente viene dotato di un pezzo di plastica che porta con sé al tavolo in attesa che il cibo sia pronto; quando l’aggeggio vibra, il cliente sa che è ora di ritirare il suo panino.
Insomma, non esattamente l’hamburger con tutti i crismi e servito in un ristorante decente di cui si era parlato poco prima.
Magari il posto è un po’ squallido, ma Amhed Obong lo ha proposto comunque per la qualità del cibo?
Magari no.                                                                                                                
Dopo il preambolo da crociato anti fast food, Obongo si aspettava un hamburger fatto con sole carni tracciate da allevamenti selezionati, di quelli dove un addetto sventola con una palma le mucche per tutta la loro vita fino al giorno del macello; un panino con foglie di insalata e pomodori provenienti da colture biologiche gestite da monaci benedettini scalzi, salse fatte da sorridenti nonne con ingredienti presi dall’orto, secondo ricette di otto generazioni fa e via dicendo.
L’hamburger top del posto, il VibraMaster, è per contro una sorta di abominio edibile.
Come sempre accade in questi casi, il panino è la controfigura spastica di quello succulentissimo rappresentato sul pannello pubblicitario; può la floscia ammucchiata di pezzetti cotti essere anche solo lontana parente dello sgargiante panino messo in posa e tirato a lucido nella fotografia?
Gli instancabili amici del marketing di VibraBurger, già inventori della cineseria di plastica che vibra, ci garantiscono che è proprio così.
Lo sciagurato prodotto è servito in una sorta di salvietta di materiale plastico che trattiene l’unto ed almeno sulla bontà del suddetto materiale non sembrano esserci dubbi, in quanto in pochi istanti a contatto con il VibraMaster diventa un tutt’uno con l’olio che il panino trasuda.
L’olio (olio?) che insieme ad altri imprecisati liquidi fuoriesce ad ogni pressione delle dita sul pane è davvero tanto e di origine indecifrabile: potrebbe non essere azzardato pensare che se avete finito quello che normalmente mettete nel motore della vostra auto, una strizzatina di VibraMaster risolverebbe il problema, permettendovi di circolare sereni per i mesi a venire.
Le salse all’interno del melmoso panino hanno sapori forti tanto da coprire quello della carne (carne?) e colori sgargianti e innovativi che sembrano usciti da una fabbrica di pennarelli.
Il tocco finale è fornito dalle patatine fritte per l’occasione ricoperte da un liquido giallo e appiccicaticcio che, stando a quanto riportato sul menu, è formaggio fuso anche se sarebbe interessante rimandare la discussione ad un laboratorio chimico per un secondo parere.
Obongo non è uno che si impressiona, e pur se molto di rado, non ha problemi a concedersi un paninazzo trucido; il VibraMaster e le patatine con tutto il loro denso blob vengono spazzolati via senza troppi problemi.

La serata prosegue ed arriva il momento di congedarsi.
Amhed Obong gentilmente offre un passaggio ad Obongo.
Obongo è un guidatore prudente e da due giorni si trova in balia dei tassisti di Dubai e delle loro follie al volante; accetta quindi di buon grado, pensando che le sue possibilità di arrivare vivo all’hotel siano appena aumentate del 95%.
Arrivati al parcheggio, Amhed Obong attiva l’apertura automatica delle portiere.
TLIN TLIN
Si tratta di un nuovissimo modello di macchina sportiva, che Obongo non aveva mai visto prima.
“Wow, che bella macchina!”
“È l’ultimo modello.”
“Immagino che vada molto veloce.”
“Sì parecchio, ma stai tranquillo, io vado piano. Prima correvo come un matto ma da un anno esatto non supero mai i limiti, soprattutto in città” Amhed Obong si batte nuovamente le mani sulla pancia “ci tengo alla pellaccia.”

Obongo non perde neanche tempo a chiedere se è da un anno esatto che Amhed Obong ha smesso di bere, di fumare, di giocare d’azzardo o di tradire la ragazza, ma declina l’invito con una scusa, lo saluta e sale, pregando, sul primo taxi disponibile.