Due piccole storie per addentrarci negli imperscrutabili processi della mente femminile.
Rosa.
Obonga decide di comprare
un computer portatile.
Suo marito Obongo ha una maggiore
familiarità con la tecnologia dei PC e quindi la accompagna al negozio per aiutarla
nella scelta del modello.
“Lo vuoi veloce? Cosa devi farci? Di quanta
RAM hai bisogno?”
Tutte queste domande risuonano nella testa
di Obonga come una rutilante cantilena “Trillarilla-rilla-llà?”
Obonga non ha un’idea molto precisa di
cosa voglia; per dirla tutta non ha neppure un’idea di cosa vogliano dire tutte
quelle fastidiose sigle come CPU, RAM, Giga e via dicendo: lei sa solo che
vuole un computer portatile, uno di quegli aggeggi che da fuori sembrano
proprio tutti uguali.
Educatamente risponde: “Cosa mi consigli?”
Obongo parte a raffica illustrando i pro e
i contro di alcuni dei modelli sullo scaffale: “Questo ha un processore Xombat
P4 con memoria cache integrata…”
Obonga fa di sì con la testa e continua a
sentire il solito brusio, mentre le informazioni entrano ed escono a gran
velocità dalla sua testa.
Mentre Obongo si distrae muovendosi verso un
laptop interessante, Obonga rotea un po’ la testa di qua e di là per evitare di
sbadigliare in direzione del marito.
Viene improvvisamente attratta da una
macchia di colore, poco più avanti.
Obonga si dirige verso questo pezzo di
arcobaleno e, come trainata da un rimorchiatore invisibile, entra in porto di
fronte alla prodezza tecnologica che ha attirato la sua attenzione.
Obongo, già pronto a spiegarle la
differenza tra lo Zebion II e lo Zebion II-Q, la vede allontanarsi; la segue, per
trovarla imbambolata di fronte ad un modello assai obsoleto.
“Questo è fuori serie, non lo fanno più.”
“È rosa…”
“È una carretta rosa.”
“Sì, è rosa…”
“Sì lo vedo anche io, ma ha un processore
lento come una lumaca, farai fatica anche a scrivere un testo o a visualizzare
una foto.”
“Però è rosa…”
“Rosa e lento, lentissimo: ha meno memoria
di mio bisnonno che non si ricorda manco come si chiama.”
“Rosa shocking…”
“Questo computer è più vecchio di molti
dei commessi di questo negozio.”
“Ma questo rosa sta bene con lo smalto che
mi metto in ufficio”.
“…”
Calimero.
Obongo e sua moglie Obonga
decidono di comprare un piccolo televisore da posizionare in cucina.
La scelta cade su qualcosa
di economico e robusto ed i due si addentrano nel reparto elettrodomestici di
un negozio molto fornito per visionare i vari modelli disponibili.
Obongo inizia a parlottare
con il commesso per raccogliere informazioni e trovarne uno che si avvicini
alle loro esigenze; Obonga girella e scruta svogliatamente qua e là.
Del resto è Obongo a fare
un maggiore uso della televisione in casa e a lei, quale modello verrà acquistato,
interessa relativamente poco.
Obongo vuole comunque
condividere la scelta e, una volta selezionati pochi modelli, ne illustra i pro
e i contro alla moglie, la quale fatica a trattenere gli sbadigli mentre
ascolta distratta di pixel, canali e prese SCART.
Sta per indicarne uno a
casaccio, fingendo di avere scelto con cura, quando avviene il miracolo.
Obonga punta lo sguardo
verso l’angolo della parete dove sono schierate le TV, precisamente nella terza
fila, dietro i modelli nuovi e a quelli dell’anno prima, dove riposa lui, un apparecchio
di molte generazioni prima, chiaramente fuori produzione e probabilmente
dimenticato lì da un commesso distratto.
Come rapita da una sensazione
forte, sente che deve seguire il richiamo, la strada verso la luce.
Obongo che ha già indicato
al commesso il televisore che vorrebbe comprare, si sente tirare per un braccio
ed in un attimo viene trascinato di fronte al modello capace di sprigionare una
simile prodigiosa aura.
“Guarda! L’ho trovato,
guarda! E’ bellissimo!”
Obongo sulle prime pensa di
trovarsi di fronte ad uno sgabello di plastica arancione, poi realizza che si tratta di
un televisore dalle buffe fattezze, probabilmente prodotto vent’anni addietro.
Obonga osserva il piccolo
cubo colorato con istinto materno.
Il piccolo cubo colorato
osserva Obonga con una timida speranza nei transistor.
“Voglio quello, perché è
qui da solo e nessuno lo vuole”.
Obongo, sulle prime
spiazzato dal poco lapalissiano ragionamento, si ricompone ed obietta
pacatamente: “ci sarà una ragione se è qui in un angolo buio, pieno di polvere
e nessuno lo vuole… Non trovi?”
“Precisamente ed è per
quello che lo voglio comprare, diamogli una casa: lo chiameremo Calimero”.
Il malandato cubo colorato
fu quindi inaspettatamente venduto (operazione che valse la promozione a
vicedirettore di sede all’incredulo commesso distratto).