domenica 1 marzo 2015

L'Arcinotaio

Il giovane Obongurra ama il suo lavoro.
Ha iniziato da poco ma è già molto promettente e riesce bene in quel che fa.
L’unico vero ostacolo nella sua giovane carriera è la burocrazia con la quale purtroppo ha spesso a che fare. Ma non la burocrazia in toto; in generale riesce a districarsi bene.
Il suo problema è solo uno, il decano di timbri e modelli in triplice copia: l’Arcinotaio.

L’Arcinotaio è un signore piccolo piccolo che già da tempo dovrebbe essere in pensione e invece è ancora saldamente ancorato al suo posto e, nonostante la veneranda età, possiede ancora un cervello fino e una grande vitalità.
Un tipo arcigno dai modi bruschi, per usare un eufemismo, lavora come un eremita in una sorta di cubicolo isolatissimo nel sotto piano semi abbandonato di un vecchio stabile comunale, in cui riceve, solo a orari ben prestabiliti, colleghi e lavoratori che hanno bisogno dei suoi servizi di burocrate.
Il suo antro è divenuto negli anni un luogo mitologico: un piccolo ripostiglio grigio e buio dove i metri cubi occupati da libri e documenti collimano perfettamente con quelli fisicamente a disposizione.
Le leggende narrano che, con una perizia che sfida le leggi dello spazio e del tempo, l’Arcinotaio sia riuscito nel corso degli anni ad archiviare tutto con meticolosa precisione fino a ricavare fra le scartoffie anche lo spazio per sé, una scrivania e due sedie. Altissime pile di documenti perfettamente allineati sui ripiani, libri in equilibrio statico perfetto sul bordo delle mensole, tutta la cancelleria sistemata con cura maniacale; ogni cosa al suo posto, stipata con logica certosina in angusti spazi rubati ai millimetri.
I suoi servizi ormai sono limitati al rilascio di qualche timbro, ma talvolta è necessario averci a che fare.
Nessuno infatti ama doversi relazionare con costui: troppa è la paura di venire sopraffatti dalla precisione inarrivabile del personaggio e di avere fatto anche il minimo errore nel compilare la documentazione richiesta dal caso.
È risaputo che l’Arcinotaio rigetterebbe la pratica maledicendo tutte le nuove generazioni incapaci di distinguere un modello AK213 da un AK213/2, con una tiritera infinita, che per rispetto verso l’anziano personaggio toccherebbe pure sorbirsi in silenzio. Non solo: traendo un sottile piacere dal fallimento del povero consulente in questione, l’Arcinotaio gli fisserebbe il primo appuntamento disponibile alle due del mattino del prossimo giorno di festa in calendario.

Obongurra ci ha già sbattuto il muso più e più volte, ma ha bisogno del famigerato timbro e non ha modo di evitare l’ennesimo incontro.
“Ma non lo sa che il cliente deve siglare tutte le 1049 pagine di tutte e sette le copie?”
“Sì Arcinotaio, il cliente infatti ha…”
“A pagina 783 della quarta copia ha iniziato a firmare in blu!”
“Beh, era finito l’inch…”
“Non si può cambiare colore. Articolo 243/a/ter dell’accordo quadro del Manuale sulla Compilazione dei Contratti di Assistenza. Inoltre nella delega ha firmato di nuovo in nero. Un lavoro da principiante. Non lo posso accettare.”

Alla volta dopo il colore dell’inchiostro era giusto, ma ben tre delle sigle su più di 7000 presentavano “difformità calligrafiche non determinanti ma sospette tali da richiedere una consulenza specialistica esterna”.
Due mesi dopo, anche se il parere dell’esperto aveva fugato ogni dubbi sulle tre siglette, c’era un problema con due fotocopie che presentavano una vaga scoloritura ai bordi del foglio, rendendo invisibile l’ultima lettera della parola “eccezionalment”. Inutili le proteste di Obongurra che reclamava la “e” come unica possibile opzione, dizionario alla mano; l’Arcinotaio ha declinato ostinatamente ogni responsabilità sull’accettare un documento in cui potesse esserci, per esempio, la parola “eccezionalmentderungher” che magari in qualche lingua poteva stravolgere il senso compiuto del capoverso.

Al giorno previsto per l’incontro, Obongurra si presenta preparatissimo.
Ha passato l’ultimo mese a scandagliare ogni centimetro quadrato di ognuna delle copie e delle sigle apposte. Si sente pronto. Oggi vuole vincere lui.
Non senza qualche nervosismo entra, scivolando nell’ufficio del burocrate ed incastrandosi nello spazio vitale disponibile fra fogli, libri ed altre cose accatastate ovunque, stando attentissimo e pesando ogni singolo movimento nella manovra.
“Buongiorno Arcinotaio”
“Buongiorno giovanotto; ha messo in ordine quelle carte squinternate? Spero non voglia farmi perdere altro tempo con una documentazione incompleta.” [sguardo acutissimo e penetrante]
“Ecco qua Arcinotaio. Perfette, come piacciono a lei.” [raccoglie lo sguardo di sfida e ricambia deciso]
Poche ore dopo, l’Arcinotaio chiude l’ultimo tomo con uno sbuffo ed osserva Obongurra.
Obongurra è trepidante; un rivolo di sudore gli attraversa la fronte.
“E bravo giovanotto, ci ha messo un po’, ma ha fatto un buon lavoro. Le preparo il nullaosta FV/bis con il mio timbro tondo.”
 Obongurra gonfio d’orgoglio, troppo gonfio, non riesce a trattenersi: una lacrima di gioia gli solca il viso mentre balza in piedi come schizzando fuori da una catapulta, alzando le braccia in segno di vittoria e gridando a pieni polmoni: “EVVAAIIII!!!!!”

Impatta in un colpo solo ogni singolo oggetto presente nella stanza.
Ciò che ne consegue è una nuvola di fogli e tomi che improvvisamente si levano in volo.
E se gli ultimi atterrano subito, ci vogliono svariati minuti perché anche l’ultimo foglio abbia completato il tragitto dalla pila dove si trovava al pavimento, dopo essersi prodotto in spettacolari acrobazie nello spazio aereo dell’ufficio; solo in quell’istante Obongurra ritrova lo sguardo dell’Arcinotaio, intento a passargli un biglietto appena scritto di suo pugno.

“Prossimo appuntamento: 25 Dicembre ore due del mattino.”


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