domenica 22 marzo 2015

Battaglie, sfide e caffè

La storia è fatta di battaglie e sfide che l’uomo ha dovuto e ancora deve combattere per la sua stessa sopravvivenza; eccone un piccolo esempio, basato su un episodio di vita vissuta.

Obongo ogni mattina combatte una sua personalissima battaglia contro il timer della macchinetta del caffè del suo ufficio.
Per evitare che i dipendenti si attardino a parlottare troppo a lungo di fronte alla suddetta macchina, l’apparecchio si spegne automaticamente dalle 8,30 fino alle 9,30.
Arrivare almeno pochi secondi prima delle 8,30 è quindi questione di vita o di sonno.
Obongo non è per niente un tipo mattiniero e ha bisogno del suo caffè per affrontare la mattinata; allo stesso tempo, non ha nessuna intenzione di mettere la sveglia qualche minuto prima, rubando istanti preziosi all’altrettanto prezioso sonno.
Il risultato è una patetica, affannosa corsa per battere lo stramaledetto timer, che si ripete ogni mattina.
Obongo contro la macchinetta, la macchinetta contro Obongo.

Complice la figlia Obonghina che dorme poco la notte, Obongo viene da una striscia di risultati negativi che perdura da un paio di settimane dove la macchina lo ha battuto regolarmente e con margini sempre più ampi.
I colleghi lo sfottono accogliendolo alla scrivania ognuno con il loro caffè caldo fra le mani.
“Che buono questo caffè!”, “Ah, ora me lo sorseggio con calma”, “Ci voleva proprio”, “Uh, sono le 8,32 ed è già il terzo stamattina”.
Obongo abbozza, un occhio chiuso e l’altro mezzo aperto, arrancando verso la sua postazione, strusciandosi la faccia con le mani sapendo che il risveglio verrà posticipato di un’ora per mancanza di caffeina.
Arriva una notte in cui però Obonghina inaspettatamente dorme senza svegliarsi ululando.
Obongo apre gli occhi, si stiracchia, guarda l’ora; si sente rilassato, si sente pronto.
“Oggi vinco io.”
Inizia la battaglia.

La doccia procede senza intoppi. [23 minuti e 15 secondi all’ora X]
“Puoi cambiare Obonghina?” Obongo a testa bassa esegue il cambio pannolino stabilendo il nuovo primato Europeo, limitando il danno a una manciata di secondi persi. [18 minuti e 40 secondi all’ora X]
Si esce. Via in macchina. Il parabrezza si sbrina in fretta; si parte. [16 minuti e 15 secondi all’ora X]
Pedone sulle strisce. [13 minuti e 20 secondi all’ora X]
Semaforo rosso. [10 minuti all’ora X]
Parcheggio. [4 minuti e mezzo all’ora X]
Oh no! La collega chiacchierona; l’ostacolo più temuto!
“Heeeeyyyy ma quanta frettaaaaa, ma dove corriiiiii? Hai visto il figlio del vicedirettore si è messo con…”
“Grunt… Gnogno… Ca… Fè… Là… Ciò… Ngù…” Obongo sfodera il suo miglior repertorio di convenevoli mattutini e fugge rapido senza fornire ulteriori spiegazioni [2 minuti e 10 secondi]
Portone. La chiave non gira. La vista si annebbia. Principio di tachicardia. “Precisione. Precisione, ci vuole precisione, concentrati! Puoi farcela, calmo, calmo, calmo!!!”. CLAC! La porta si apre.
Via sulle scale come uno stambecco impazzito. [45 secondi all’ora X]
Slalom fra due colleghi lenti in corridoio, scheggiando il braccio del secondo con la borsa del PC.
Nessun danno a cose o persone. Persi solo pochi centesimi di secondo. [8 secondi all’ora X]
Corridoio finale.
Chiavetta della macchina già in pugno. Ormai è questione di fortuna; bisogna giocarsi il tutto per tutto.
Che Dio me la mandi buona.
Obongo si tuffa a braccio teso e inserisce al volo la chiavetta nell’apposita fessura.
Centro perfetto!
Ancora in fase aerea Obongo digita il codice per il caffè espresso con la mano libera; click-click… è fatta!
Il timer sulla macchinetta segna: 00:00:01.
Obongo atterra. Sa di avere vinto. Il tempo si ferma. Un ghigno di soddisfazione gli appare sul volto.
Ritira il premio e si avvia bel bello verso la scrivania, dove lo accolgono gli sguardi increduli dei colleghi.
Obongo a ruota libera sbeffeggia i colleghi canzonandoli in falsetto con le stesse frasi che ogni giorno gli rivolgevano per schernirlo, improvvisando un balletto ancheggiante e una mezza piroetta.
“Gnè, gnè, gnè, che buono questo caffè, gnè, gnè, gnè!”
Poi si siede, poggia il caffè di lato e inizia a sistemare il suo laptop, pregustandosi il momento in cui lo sorseggerà, sentendo il benefico effetto del liquido nero contribuire al suo risveglio.
Apre il laptop, lo accende, collega l’alimentatore, collega il mouse.
Allunga la mano verso la tazz…

“FRETTOLOSONEEEE!!!! MA DOVE CORREVIIIII?????”

La collega chiacchierona si è materializzata alle sue spalle, apostrofandolo a voce altissima e facendogli prendere un accidente.
Obongo sussulta, girandosi di scatto.
La manica del suo maglione improvvisamente è zuppa di caffè.
La sua scrivania è piena di caffè.
Larghe macchie di caffè imbrattano alcuni fogli.
C’è caffè ovunque.
Tranne che nella tazzina, l’unico posto dove dovrebbe trovarsi adesso il caffè; quest’ultima giace invece riversa e vuota, dopo essere stata investita dal braccio di Obongo nel movimento inconsulto.

Obongo ha vinto la battaglia contro il timer della macchinetta del caffè, ma ha perso la sfida più importante, quella che ancora l’uomo non sa come vincere: evitare che per l’ennesima volta una donna impicciona riesca a vanificare tutti i suoi sforzi.


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