martedì 16 gennaio 2007

Il colpo della fionda

Erano tempi di guerra nel regno di Ukkvastaargrrellahhanderituyuur; l’Imperatore era morto senza lasciare un successore come la tradizione imponeva tutti i più valorosi guerrieri dovevano sfidarsi senza posa per la scelta del suo successore. Da tutte le parti dell’impero giunsero in rappresentanza delle varie regioni i più straordinari combattenti dell’epoca: dalla sterminata terra del nord fu mandato Eric dell’Ascia, dalle steppe dell’ovest Oleg dell’Alabarda, dalle lande dell’est Omar della Mannaia e dai laghi ghiacciati del sud Peter del Martello.
Quando i quattro si ritrovarono faccia a faccia per lo scontro finale nell’arena del palazzo reale il Maestro di Cerimonie, che stava per dare il via alla battaglia, vide sopraggiungere un ometto sproporzionatamente grasso e puzzolente il quale disse: “sono Pus della Fionda, il guerriero dell’isoletta di Skifo”.
In effetti l’isoletta di Skifo era stata recentemente annessa all’Impero ma trattandosi di uno scoglietto di 13 metri quadrati in mezzo al mare popolato solo da 24 abitanti, 15 granchi e 11 polpi nessuno la calcolava.
Dopo un rutto che sapeva di totani Pus proseguì: “sono qui per rivendicare i diritti della mia regione a partecipare alla disfida per il trono”.
Inutile raccontare lo sbigottimento del Maestro di Cerimonie alla singolare richiesta di Pus il quale aggiunse: “Ma come mai è così male illuminata questa piazza? E, a proposito, dove sono gli altri contendenti?”
Il buon Pus era alto 1 metro e 35 contro i 2 e 15 di media degli altri guerrieri e non si era accorto che essi erano attorno a lui e gli facevano ombra con i loro corpi scultorei.
Egli non aveva niente da spartire con essi per ciò che riguardava l’aspetto fisico se non il peso: al pari loro pesava infatti 150 chili, distribuiti, ovviamente, in maniera diversa.
Il Maestro di cerimonie consultati i Consiglieri Supremi e il Mastro dell’Atlante decise che la richiesta degli abitanti di Skifo era fondata e che Pus a suo rischio e pericolo poteva partecipare.
Non appena fu dato il via una battaglia terrificante si scatenò e mentre l’ascia titanica di Eric sbatteva con vigore sull’alabarda di Omar, la mannaia di Oleg, sfregando sul martello da guerra di Peter, sprigionava scintille di fuoco per tutta l’arena.
Dopo diverse ore di lotta furibonda, quasi contemporaneamente, le teste di Oleg e di Eric schizzarono in alto recise di netto dai loro avversari e sbatterono per aria andando a ricadere ognuna sul corpo esanime dell’altro. Pus nel frattempo stava consumando la colazione al sacco che si era portata da Skifo; giusto una cinquantina di chili di cozze e arselle crude. “Se non mangio adeguatamente non sarò in forze per questa prova” pensò.
Ora Peter e Omar si studiavano al centro del campo di battaglia con odio feroce; pochi istanti ancora e scatenarono l’assalto decisivo con un’espressione di una cattiveria disumana nei loro sguardi.
Omar impugnava la sua mannaia mortale, Peter brandiva il suo martello da guerra chiodato e dopo essersi avvicinati fino ad incrociarsi per un solo lunghissimo attimo, la terra tremò, il cielo divenne nero e tuoni di morte rimbombarono in lontananza. Un secondo dopo Omar giaceva riverso mentre Peter innalzava il suo canto di vittoria rivolto ai suoi dei della guerra in segno di ringraziamento.
Tutto quel baccano risvegliò Pus dalla pennichella postprandiale che si era concesso dopo lo spuntino a base di frutti di mare crudi.
Peter, che non si era neanche avvisto del suo nuovo avversario, lo notò infine, e scrutandolo con uno sguardo tra la compassione e lo scherno, lo apostrofò dicendo: “levati di torno e non ti ammazzo”.
“Io sono Pus della fionda di Skifo e sono qui per diventare il tuo Imperatore” ribatté l’altro sicuro di sé.
E mentre Peter rialzava il suo martello da guerra da 50 kg e avanzava verso Pus minaccioso, disse: “a parte che non vedo nessuna fionda, comunque adesso ti faccio tanto male”.
Ma il finale scritto dal Fato era ben diverso. Infatti, nonostante il suo aspetto perlomeno inusuale, il paladino di Skifo aveva approntato, grazie a mesi e mesi di meticolosa preparazione, una micidiale tecnica di combattimento che di lì a poco lo avrebbe condotto alla vittoria.
Repentinamente Pus si infilò due dita in gola e vomitò davanti a Peter un unico enorme bolo di quasi un quintale commisto di cozze, arselle e frutti di mare vari ingurgitati nei lunghi mesi di preparazione all’incontro e oramai ben rassodati dai succhi gastrici. Poi con una delle dita rimastegli libere estrasse dalle sue narici una spaventosa caccola collosa di un metro e mezzo con la quale, vista la flessibilità del materiale prodotto, allestì una primordiale fionda. Nel mezzo della medesima inserì il bolo precedentemente liberato dal suo corpo e con un colpo preciso e mortale scagliò il putrido macigno di frutti di mare semidigeriti dritto in fronte a Peter che ne morì sul colpo.
“I frutti hanno dato i loro frutti” pensò più tardi soddisfatto Pus della Fionda di Skifo, nuovo imperatore del regno di Ukkvastaargrrellahhanderituyuur.