giovedì 6 settembre 2007

Obongo non aver paura...

... di tirare un calcio di rigore.

Correva l'anno 1987 ed il quindicenne Obongo, insieme ai compagni di liceo della prima H, si avviava verso il campetto in erba che di li a poco avrebbe ospitato la partita di calcio del secolo: la sfida con quelli della prima G.
Lo sterrato campetto presentava qualche sparuto ciuffo d'erba ai lati, un sacco di sassi e svariate pozzanghere. Qualche appassionato vi aveva impiantato due porte di calcio, probabilmente risalenti ad epoca precristiana, almeno a giudicare dal numero di fori tarlati presenti sulle traverse. Le squadre si presentarono in campo puntuali per il riscaldamento e l'eccitazione sali' alle stelle in vista del calcio di inizio.

La preparazione all'evento in casa prima H era stata meticolosa: come e' ben risaputo ogni italiano medio, superati i tre anni di eta', assume per diritto di nascita il titolo di direttore tecnico e grande esperto di calcio ed ogni maschio della classe non faceva in questo caso eccezione. Obongo aveva puntulizzato il fatto che le marcature a uomo dovevano essere asfissianti, mentre Obengo a ricreazione il giorno prima aveva sottolineato come il traversone dalla destra fosse la chiave tecnica della partita; Obingo aveva preparato gli schemi per la difesa e Obungo si era dedicato a perfezionare la trappola del fuorigioco.

Nessuno si era sfortunatamente fatto promotore di una linea di abbigliamento comune.
Cosi' mentre la prima G sfoderava le magliette tutte uguali con i numeri ed i pantaloncini in tinta, gentile omaggio di Obonghelli, figlio di un rivenditore di articoli sportivi, la prima H si presento' in campo come uscita dall'atelier di uno stilista psicotico.
Quindici anni non sono esattamente l'eta' in cui un uomo ha il talento di azzeccare gli accostamenti cromatici, specialmente in occasioni come questa.
La rassegna era veramente raccapricciante: dalla maglietta multicolor modello "post LSD" di Obonghini ai pantaloncini verde pisello attillatissimi di Obongolani, passando per i calzettoni marroni di lana sopra il ginocchio di Obonghetti fino al tragicomico pigiama di Obonghella, con tanto di sospetta macchia in zona inguinale, spacciato per tuta sportiva.

Fortunatamente l'abito non fa il monaco e se i nostri eroi non erano in grado di gestire banali questioni di moda maschile erano perlomeno decenti nel gioco del calcio.
La partita fu combattuta e sembrava destinata a terminare in parita' quando, sul 5 a 5, a un minuto dalla fine, Obongherani della prima G (un metro e novanta per 100 chili) si scaglio' sul povero Obonghini (un metro e cinquanta per 48 chili) della prima H lanciato a rete ed ormai prossimo a tirare di fronte al portiere.
In queste partite senza arbitro il rigore in genere non si concede mai: unica possibile eccezione sono i casi di fratture esposte, perdita di arti o versamenti di sangue superiori al litro e mezzo.
Una volta estratto il povero Obonghini da sotto Obongherani che si produceva nella sua piu' angelica espressione come a dire "l'ho appena sfiorato, fa scena", fu accertato che il suo corpo mostrava tutti e tre i segni necessari per l'assegnazione della massima punizione.
E cosi' rigore fu.

Era il novantesimo scaduto da un pezzo e ci volle un'altra intera mezz'ora prima che dal nugolo di aspiranti tiratori (tutta la squadra, tranne Obonghini) venisse infine selezionato lui, Obongo, il portiere.
Adducendo come scusa il fatto che aveva fatto delle parate che avevano salvato il risultato, che era l'unico che giocava a calcio in una squadra vera, che era il piu' lucido perche' aveva speso meno energie degli altri e promettendo che avrebbe passato il compito di matematica a tutti per tutto l'anno a venire, ottenne infine il beneplacito unanime.
Imbraccio' il pallone e con ferma sicumera guardo' i suoi compagni uno per uno mentre si avviava a calciare.
Il "ci penso io" con il quale aveva liquidato le ultime insicurezze dei piu' scettici erano le parole di un eroe che avrebbe di li a poco siglato il colpo del KO con fredda precisione nell'angolino in basso alla sinistra dell'impotente portiere avversario.

Sangue freddo.
Rincorsa.
Sguardo all'angolino.
Sguardo al pallone.
Piede d'appoggio.
Tiro.
Fallo laterale.

Si, avete letto bene: fallo laterale.
C'e' da dire che se e' pur vero che fra "Piede d'appoggio" e "Tiro" si presentarono inaspettate le voci "Fango" e "Piede che scivola" e' altresi' vero che fra "Tiro" e "Fallo laterale" non va aggiunta la voce "Deviazione del portiere" in quanto Obongo fu capace di centrare questo non facile bersaglio, direttamente dal dischetto del rigore, con le sue sole forze.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

non preoccuparti se hai sbagliato.
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore...

cato.

Anonimo ha detto...

...per fortuna ci sono altri sport come la pallavolo dove non ci sono rigori da sbagliare così rovinosamen....mmm.mumble.mumble...vabbè come non detto!!!

me ha detto...

gia'... ci sarebbero da raccontare storie di palestre troppo piccole per contenere determinate schiacciate... ma questa, e' un'altra storia (stesso Obongo, purtroppo...)

Anonimo ha detto...

voglio assolutamente sapere storie di partite di pallavolo in palestre troppo piccole!!!!

complimentos per il blog
leggerti in un un'uggiosa giornata bolognese è un vero e obongante spasso!!!
tua cugia