giovedì 11 settembre 2014

La ferrea coerenza dell’albero umbro

Obongo è in vacanza in Umbria ospite da un amico.
L’atmosfera cordiale e la bellezza del territorio sono una cornice perfetta per la sera prima della partenza, che Obongo e i suoi ospiti decidono di passare all'insegna della buona cucina.
Si dirigono presso un ristorante tipico situato su una collina in campagna, mangiano divinamente e, satolli e contenti, affrontano la via del ritorno.

La strada è una provinciale immersa nel verde, molto panoramica e al contempo stretta e piena di tornanti che collega la sommità collinare con il paese sottostante; tutto sommato sicura se la si percorre a velocità opportuna.
A quanto pare è anche un percorso molto battuto dai motociclisti in cerca di emozioni forti, che amano invece affrontarla come se fossero in pista. Almeno questo è il punto sollevato dall'amico Obonghizia il quale spiega ad Obongo che i centauri vengono giù troppo veloci, incuranti del pericolo e che alcuni finiscono fuori strada ferendosi in maniera più o meno seria.

“Ogni tanto qualcuno si fa pure parecchio male, sai”
“Posso immaginare; la strada è molto stretta, non ci sono spazi di fuga”
“Eh sai qual è il problema Obongo?”
“La velocità?”
“Eh no”
“Il manto stradale?”
“Eh no”

Il problema non erano neanche le curve, la manutenzione, la strada stretta, il guard-rail, le condizioni meteo, la segnaletica scarsa, le gomme invernali, l’alcool, le gare illegali, gli animali che attraversavano all'improvviso o i pochi controlli della polizia.
Obonghizia mi spiegò nella sua parlata umbra: “Il problema, caro Obongo, è che l’alberi ‘en tanto belli, te fan tanta ombra, ma c’han sto difetto: n’se spostano mica, sai” [gli alberi sono tanto belli, ti fanno tanta ombra, ma hanno questo difetto: non si spostano]

Apparentemente l’albero umbro ha una condotta molto ferrea che lo porta a relazionarsi in maniera conflittuale con l’essere umano intento a condurre un veicolo su due ruote; indipendentemente che si tratti di un bimbo in bicicletta o di un motociclista temerario (scemo?) lanciato a 180 km/h, in caso di rotta di collisione, il grosso vegetale non abbandona mai la sua posizione.

Con pazienza certosina, noi di Obongo abbiamo ricostruito una conversazione intercorsa qualche tempo fa fra una betulla sita in prossimità di una curva ed un motociclista particolarmente veloce, incontratisi sul tracciato in questione.

M: “Spostati, spostati, su alberello caro, lasciami passare”
B: “No, non se ne parla proprio”
M: “Dai, spostati per favore gentile betulla, ho un problema con la tenuta di strada”
B: “No, mi spiace. Guarda, sono brava, buona, paziente e faccio tanti bei fiori; hai trovato l’unico difetto che ho, non mi sposto mai, e quando dico mai intendo mai. Per nessuno e per nessun motivo”
M: “E dai, ho un problema serio, non so se riesco a frenare in tempo”
B: “Guarda se vuoi ammirare la mia naturale bellezza, l’imponenza del tronco, le rigogliose foglie, i fitti rami e finanche il mio nome botanico in latino, bene: ma di spostarmi proprio no, non mi va”
M: “Scusa se insisto, ma ho pochi secondi e poi sono dolori: ho anche famiglia, SPOSTATI TI PREGO!”
B: “Ombra? Vuoi un po’ d’ombra? Anche tanta ombra, se necessario. Ho fresche frasche da vendere, con l’ombra posso abbondare, ma non muovo manco una radice ed è inutile che chiedi all'olmo e o alla quercia qui vicino perché è un difetto diffuso da queste parti, non si sposta mai nessuno. Spero sia chiaro il concetto che…”

SPATROSH – CLING – SBIRIBING – CRASH – SBIRIBENG

Il motociclista accartocciato ebbe modo di apprezzare la ferrea coerenza dell’albero umbro, che non si era mosso come largamente annunciato, ma stava estendendo generosamente la sua fresca ombra su tutte le sue fratture scomposte.


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