domenica 3 maggio 2015

Ogni ameba ha la sua scarpa

Un altro personaggio si aggiunge al variegato mondo di Obongo Forever.

L’ameba Stapoco è un esserino amorfo che conduce un’esistenza semplice.
Nonostante sia di abitudini parche e facilmente accontentabile, l’ameba Stapoco ha avuto moltissime delusioni nella sua vita.
La sua più grande passione era suonare il pianoforte, ma il fatto di non avere le mani si è rivelato un problema insormontabile.
Quando ha cambiato hobby per dedicarsi alla maratona, le cose non sono andate molto meglio.
E così con l’hula-hoop, la salsa, il canto a cappella e altre svariate attività che prevedevano l’avere delle parti del corpo per poterle praticare.
L’ultimo tentativo è stato quello di iscriversi in palestra, ma da subito si è resa conto che il suo desiderio di essere in forma non aveva alcuna possibilità di realizzarsi.
Un po’ scoraggiata si era accorta una volta per tutte di non avere a sua disposizione alcun arto o tanto meno organo: non un rene, un fegato o un pancreas su cui contare e, a giudicare dall’impressionante numero di tentativi falliti negli anni, certamente non un cervello.
Se avesse avuto una bocca, per esempio, sarebbe stata ghiottissima di carote.
Magari con un gruppo di altre amebe avrebbe dato vita un organismo a supporto di questa prelibata radice, che sarebbe diventato noto come la “Cellula pro-carota”.
Ma niente bocca, niente carote, niente di niente.
Per sopperire a quest’ultima mancanza andò a vivere in un lago per nutrirsi dei cervelli degli incauti bagnanti che lo frequentavano.
Il tran tran quotidiano procedeva quindi nel galleggiare a mezz’acqua aspettando che l’orecchio di qualche preda fosse a tiro, per intrufolarvisi e andare a succhiargli l’encefalo.
Casa, orecchio, cervello, orecchio, casa.
Stapoco soffriva, non era più nel fiore degli anni e si sentiva sola e brutta.
Qualcosa mancava nella sua vita: un compagno che l’apprezzasse.
Fortunatamente un bel giorno, mentre nuotava dalle trombe di Eustachio verso l’ipotalamo di un analfabeta che non aveva letto il divieto di balneazione, incontrò un’altra ameba che viveva nello stesso lago.

“Ciao, anche tu da queste parti?
“Ciao, sì, abito qui vicino.”
“Sei carina, non ti avevo mai visto prima.”
Stapoco avrebbe voluto arrossire in quel momento, ma non aveva le guance.
Si accontentò quindi di rispondere:
“Che sfrontato, scommetto che lo dici a tutte per fare colpo.”
“Scherzi? Per tua informazione sono uno di gusti moooolto difficili; non faccio mica complimenti alla prima ameba che passa, io seleziono accuratamente! Solo che tu, se mi permetti, tu hai davvero dei bei gameti”
“Ih ih ih ih… Grazie.”
“Ti andrebbe di andare a fagocitosi insieme una di queste sere?”
“Ih ih ih ih… Sì, molto volentieri.”
“Conosco un posto dove si mangia su dei funghi eccezionali.”
“Ok, va bene.”
“Allora a presto, sexy!”
“Ih ih ih ih”
“Ah, non mi hai detto come ti chiami?”
“Io mi chiamo Stapoco, e tu, come ti chiami?”
“Io sono l’ameba Stacherespiri”.


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